29 novembre 2013

DAB versus FM: si rafforzano le ipotesi di switchoff della radio analogica, anche se broadcast batte broadband

Da parecchio tempo questo blog affronta la tematica della transizione verso la radiofonia numerica (in Europa a standard Eureka 147/DAB) collocandola in un inevitabile (forse) contesto di switchoff. Senza una regolamentazione in tal senso è molto difficile che il settore, nelle sue articolazioni pubbliche e commerciali, possa affrontare gli investimenti necessari per mantenere, nella lunga fase di transizione incominciata all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso con le prime sperimentazioni, che dovrà assicurare la continuità del servizio attraverso la duplice offerta analogica e digitale. Detta in altri termini, se la tecnologia DAB vuole affermarsiì, non potrà essere che a scapito della tecnologia dominante, la radio in FM. 
Per questo non può non destare una certa impressione la copertina del numero appena pubblicato della rivista tecnica dell'EBU, l'unione dei broadcaster europei, che apre l'edizione di dicembre 2013 con uno strillo mai tanto esplicito: End in sight for FM? (La fine dell'FM è vicina?). Il numero di "tech-i" si focalizza sulla Norvegia, dove i network FM lasceranno definitivamente il posto al DAB+ già nel 2017. Ma nel frattempo, oltre alla Gran Bretagna, anche l'Olanda, che da poco ha effettuato il passaggio dal DAB al DAB+ torna a considerare uno switchoff che però potrebbe non verificarsi prima del 2023.
Stesso discorso per la Svezia, che potrebbe decidere lo switchoff entro il 2022 e dove addirittura era stata presa in considerazione una alternativa ancor più radicale: eliminare del tutto le infrastrutture radiofoniche terrestri, analogiche o digitali, e distribuire i contenuti direttamente via Internet, sfruttando le reti della telefonia cellulare. L'operatore infrastrutturale Teracom ha valutato l'ipotesi commissionando uno studio alla società di ricerche A-Focus e l'esito è ovviamente del tutto favorevole ai normali modelli diffusi uno-a-molti. Agli attuali livelli di costo la banda trasmissiva per una distribuzione dei programmi radiofonici in Svezia attraverso la rete IP è notevolmente più cara. A-Focus calcola che per i programmi pubblici e commerciali svedesi occorrerebbero 860 milioni di euro all'anno per far viaggiare la radio verso qualche milione di telefonini, contro una spesa compresa tra i 10 e i 20 milioni di euro per l'operatività di una buona infrastruttura broadcast terrestre. Questo a parte ogni altra considerazione sulla copertura delle reti 3G e 4G e sul numero di svedesi - superiore al milione a quanto sembra - che non utilizzano Internet. 
La vecchia radio non tramonta come modello distributivo, ma fatti salvi grandi stravolgimenti che vadano a colpire il settore broadcast pubblico, forza trainante dell'evoluzione verso il DAB  (e sono stravolgimenti che dopo la chiusura della greca ERT e della regionale valenciana RTVV non si possono escludere a priori), se il modello rimane la tecnologia analogica dovrà prima o poi cedere definitivamente il passo.


28 novembre 2013

ESA Deep Space Antennas: un quasar per GPS


A volte resto sorpreso per i contenuti che vengono divulgati dai quotidiani italiani, spesso vittime di parecchie lacune  in materia di comunicazione scientifica. Questa volta è esattamente contrario. Sulla home di Repubblica.it viene segnalato un articolo della sezione Scienze dedicato al "GPS spaziale" che risulterà abbastanza esoterico per la maggior parte dei lettori. Si tratta invece di un bell'approfondimento sul sistema Delta-DOR (Differential, One-way ranging), utilizzato dall'ente spaziale europeo per il tracciamento di satelliti e sonde. Delta-DOR è un classico sistema di ranging basato su calcoli di fase tra due o più segnali radio. La particolarità è che nel suo caso vengono impegnate antenne radiotelescopiche per effettuare tali misurazioni sfruttando un punto di riferimento "fisso" d'eccezione: i quasar posizionati nella stessa linea di visuale della sonda di cui si vuole determinare la posizione e la velocità. Fare questi calcoli puntando solo le sonde stesse può essere più problematico perché il segnale radio, attraversando mezzi non uniformi come la ionosfera e la troposfera, subisce alterazioni imprevedibili e difficili da compensare.

Il sistema è diventato ancora più preciso a partire da metà 2000, quando è entrata in funzione la seconda "Deep Space Antenna" dell'ESA a Cebreros, nei dintorni di Madrid. A oggi DSA è costituita da tre paraboloidi in Spagna, a Malargüe in Argentina e New Norcia in Australia. Repubblica fornisce una spiegazione discreta, ma per una analisi più ufficiale e completa si può fare riferimento a questo articolo dell'ESA e soprattutto il paper pubblicato sull'ESA Bulletin del novembre 2006


Missione SWARM: l'ESA scende in campo magnetico

La missione SWARM, lanciata in questi giorni dall'ESA promette di essere molto interessante. Si tratta di tre satelliti con sofisticati strumenti di misura magnetica orbitanti a circa 500 km di quota. Il loro obiettivo è misurare con estrema precisione e livello di dettaglio le variazioni del campo magnetico terrestre, un sistema molto variabile per intensità e orientamento (capace addirittura di invertire compleamente la sua polarità, come alcuni sospettano possa avvenire su scale di tempo ravvicinate) che ci protegge dalle radiazioni cosmiche e interagisce con l'elettromagnetismo solare, con meccanismi ancora in larga parte sconosciuti che influiscono sul fenomeni come la propagazione delle onde radio, ma anche sulla dinamica dell'atmosfera, così importante per la stabilità delle orbite satellitari.
L'ESA ha pubblicato una bellissima brochure che descrive SWARM, tutti i suoi strumenti e le finalità. Scaricatela qui.




Decisa la chiusura del relay BBC alle Seychelles. L'Africa orientale perde un link diretto con il buon giornalismo

La stazione relay aperta dalla BBC nell'arcipelago delle Seychelles nel 1988 smetterà di trasmettere alla conclusione della programmazione invernale, il 29 marzo 2014. Ne ha dato notizia l'emittente qualche giorno fa:

The British Broadcasting Corporation (BBC) announced today that the Indian Ocean Relay Station (IORS) transmitter site at Grand Anse, Mahé, will cease all shortwave transmissions on 29 March 2014.
The site was established in 1988 and has been in continuous service since then, relaying BBC broadcasts to audiences in East Africa primarily in English and Somali. The closure will not affect the availability of BBC World Service programmes in Seychelles, which are relayed from satellite broadcasts on to local FM frequencies 106.2, 105.6 and 105.2MHz. In areas of East Africa still dependent upon shortwave broadcasts, the signal will be supplied by other relay stations. The announcement follows an earlier decision to stop all shortwave broadcasts from the BBC World Service site in Cyprus for similar commercial, technological and audience reach reasons. These ended in March of this year.
The announcement will unfortunately result in 11 staff being put at risk of redundancy. The staff over the last 25 years have operated and maintained this shortwave broadcast facility with passion, expertise and professionalism. The technical ability and commitment of the team at the IORS has been applauded by the BBC World Service.
Come si può leggere nel dispaccio l'impianto nell'Oceano indiano è stato utilizzato per un quarto di secolo per coprire l'area orientale africana e ancora oggi si possono ascoltare programmi in inglese e somalo. Ecco la griglia dei programmi previsti per questa ultima stagione trasmissiva:


L'impianto della BBC venne concepito in origine nel 1985, la costruzione iniziò nel 1986 e la prima messa in onda risale al 1988, il 7 ottobre. All'epoca alle Seychelles esisteva un'altra stazione a onde corte internazionale, gestita dall'ente religioso britannico FEBA (Far East Broadcasting Associatons). Questa stazione era stata inaugurata nel maggio del 1970 ma ha cessato di trasmettere nel 2003, anche per questioni legate alla politica di riutilizzo dei terreni stabilite dal governo locale (FEBA prosegue la sua programmazione affittando altrove il suo "air time"). FEBA e BBC erano però due entità completamente separate. 
Da molti anni il World Service della BBC ha smesso di confermare i rapporti di ricezione alle sue emittenti ma nel caso delle Seychelles recentemente sono stati segnalate lettere di conferma inviate direttamente dal responsabile tecnico dell'impianto, Herve Cherry. Dopo aver letto la notizia della chiusura l'altro giorno ho deciso di contattare Mr. Cherry inviando un breve rapporto di ricezione su tre frequenze facilmente ascoltabili in Italia e lui mi ha risposto con estrema gentilezza e puntualità fornendo molti dettagli sulle operazioni della BBC alle Seychelles:
(...) I personally would like to thank you for your sympathy and heartfelt words with reference to the imminent closure of the BBC Indian Ocean Relay Station due to happen on the 30th March 2014. As you stated it is unfortunate but inevitable due to the several unfavorable factors mainly financial and new developments in telecommunicating mediums affecting the global existence of shortwave. As you may be aware we are not the first BBC site to cease transmission as others before us had suffered the same fate.
The FEBA transmitting site was an entirely different site from the BBC site; that is in its location, equipment, staffing, target area and programme content. Unfortunately I cannot provide you with many details as to the FEBA operations in Seychelles as when the site was closed I had just ended my academic studies. But to answer your query the site has been decommissioned and I assume all the equipments removed.
I myself started working at the BBC Indian Ocean Relay Station in February 2005 as a Trainee Communications Engineer to date I am the Senior Transmitter Engineer and by next year it would be 9 years working for the site. As a Telecommunications Engineer I have acquired most of my knowledge in-house, the site itself served as a learning facility for any engineer willing to learn and develop in the industry in which I took full advantage.
What was seen a major achievement for the site was the localization of all post as from 2004 to date; this is the case to date and to note we are the only overseas site to have achieved this status. Although the closure of the site is very sad news indeed there was seemingly no other choice, myself and all the other staff have accumulated good experience over the years which we all grateful for. I am also very happy to have been able to serve a large number of listeners not only to the designated target area but also the passionate DX listeners such as yourself who have been very faithful.
La storia raccontata da Herve è, sotto molti punti di vista, esemplare della ricchezza di quello che è stato, per circa mezzo secolo, l'unico vero sistema mediatico internazionale operativo nel mondo. Prima della tv satellitare diretta e di Internet, che oggi hanno soppiantato le onde corte, la radio ha saputo trasportare il suo messaggio multilingue in modo estremamente capillare. Il tecnico di BBC Mahe si riferisce alle ragioni finanziarie che oggi spingono tutti i broadcastar a rinunciare alle onde corte, ma sul piano tecnico a mio modesto parere sarà difficile superare i livelli di efficienza e economicità di un mezzo che con potenze relativamente contenute può coprire aree vastissime e ha in più l'enorme vantaggio della semplicità sul lato ricezione, con dispositivi commercializzati a prezzi bassissimi e capaci di funzionare a lungo con batterie altrettanto economiche e pratiche. Nessuna tecnologia digitale può al momento rivaleggiare con le onde corte come strumento diffusivo (e lascio da parte qui ogni considerazione sul ruolo geopolitico, culturale, umano, che il giornalismo della BBC continua ad avere indipendentemente dal mezzo scelto per propagarlo). Anche il modello di ri-trasmissione di segnali basato su una prima distribuzione satellitare e un netowrk diffuso di emittenti FM locali ha i suoi ostacoli, magari di natura non tecnica. Pensiamo soltanto a quello che sta succedendo in Somalia dove stazioni locali come Shabelle sono sottoposte a ogni sorta di pressione e angheria e dove la soppressione di un link diretto con le notizie della BBC può dar luogo a scenari ancora più drammatici.
La lettera di Herve (altri dettagli tecnici e storici li trovate nella lettera-QSL qui sotto) dice anche un'altra cosa importantissima quando l'ingegnere afferma di aver acquisito tutte le sue competenze lavorando presso un impianto che ha svolto una incredibile funzione formativa anche per tanti altri colleghi di Cherry. La radio a onde corte è stata una scuola formidabile per intere generazioni di ingegneri elettronici e anche se oggi il testimone è stato degnamente raccolto dall'industria della telefonia radiomobile, onde corte e ponti radio lasciano pur sempre un considerevole vuoto "culturale". Non so se sarà mai possibile - o giustificabile - invertire la tendenza verso un definitivo declino di questo mondo, ma è importante conservarne la memoria (e sostenere il più possibile ciò che resta per il momento) per continuarne a trarre da questa formidabile epopea tecnologica una lezione importante per tutti noi. 


27 novembre 2013

La marcia inarrestabile di un dispregiativo diventato simbolo di eguaglianza sociale


Tra pochi giorni, il 3 dicembre, cade il 30esimo anniversario di una manifestazione politica francese che ha segnato profondamente il dibattito sulla pacifica convivenza in una società multietnica. Pacifica, anzi, esplicitamente ispirata al gandhismo, era la marcia partita quasi per caso da Marsiglia il 15 ottobre precedente e giunta a Parigi qualche settimana dopo, quando allo sparuto gruppo di marciatori si unirono centomila persone. L'iniziativa fu concepita originariamente da due religiosi, Christian Delorme (prete cattolico) e Jean Costil (pastore evangelico) e venne ripresa da un piccolo gruppo di giovani immigrati del nordafrica francese, i cosiddetti Beurs. Le rivendicazioni erano minime, e oggi farebbero quasi sorridere se ancora non fossero drammaticamente attuali. Per esempio si chiedeva l'istituzione di un permesso di soggiorno prolungato.

A trent'anni di distanza la marcia dei Beurs diventa un film, "La Marche", di un regista belga di origine araba Nabil Ben Yadir, e anche se molte vicende raccontate (incluso il ferimento di Toumi Djaïdja, uno prodromi della marcia) il taglio è assolutamente comico. Tra i protagonisti c'è Jabbal Debbouze, il comico algerino senza un braccio (perso per un incidente ferroviario) che abbiamo visto anche nei film di Asterix.
Beur è di per sé un termine da raccontare, macinato com'è da quella particolare forma di argot francese che è il "verlan", un modo di storpiare le parole del dizionario decomponendole e invertendole. Beur, viene da arabe scomposto in "a-r-beu" e trasformato infine in beu-r. All'epoca, il nomignolo volutamente autoironico proprio perché riprende i connotati razzisti che sono alla base della sua creazione, venne ufficialmente adottato dai media e una delle prime radio libere francesi, esattamente in quegli anni, era Beur FM, ancora oggi l'emittente di riferimento della comunità degli immigrati franco-arabi e delle seconde generazioni. In occasione del 20esimo anniversario della marcia su Parigi una studiosa britannica ha pubblicato una eccellente storia di Beur FM.

26 novembre 2013

RItorno dall'esilio: la voce democratica della Birmania lascia Oslo dopo 21 anni e apre a Yangon

A volte ritornano. Nel senso che per fortuna anche le vicende politiche più intricate, le storie di opposizione ai regimi più sanguinari hanno un lieto fine. Il 21 novembre a Oslo, in Norvegia, si è tenuto un evento che ha coinvolto, in un lungo ringraziamento, le autorità norvegesi e l'organizzazione di Democratic Voice of Burma. L'emittente radiotelevisiva ha trasmesso dai suoi studi di Oslo per oltre 21 anni, essendo stata fondata da un gruppo di esuli birmani nel 1992 con il sostegno delle organismi umanitari in Norvegia. Fino alla prima metà del 2000 DVB trasmetteva esclusivamente in onde corte, decidendo poi di affiancare un servizio televisivo diffuso via satellite. Oggi le condizioni politiche della Birmania sono cambiate al punto che DVB ha deciso di ritornare in patria. Da tempo aveva spostato il grosso delle operazioni a Chiang Mai, nel nord della Tailandia. Entro l'anno l'ufficio di Oslo verrà definitivamente chiuso perché DVB sta già aprendo una sede a Yangon, nella sua Myanmar. Considerando che l'ente di Stato utilizza le onde corte per le sue trasmissioni interne, forse anche DVB continuerà a servirsi di questo mezzo.
La notizia ha ricevuto una certa prominenza in Norvegia, come testimonia l'articolo su Aftenposten. Ma lo stesso quotidiano locale inglese Myanmar Times lo scorso marzo raccontava delle intenzioni di DVB, annunciando la prossima apertura di una sede ufficiale birmana. Il percorso di democratizzazione non è ancora stato concluso e il leader dell'opposizione Aung Saan Suu Kyi si sta battendo per una riforma di una Costituzione che attualmente le impedirebbe di presentarsi come candidata alla presidenza nelle elezioni che potrebbero svolgersi nel 2015. Il segnale della liberazione dei giornalisti di DVB dal loro esilio praticamente polare è però molto forte. Al momento, in ogni caso, DVB si può ancora ascoltare in onde corte, in birmano, su 6225 kHz  tra le 14:30 e le 15:30 (dal Tajikistan) e su 7510 kHz tra le 23:30 e le 00:30 UTC (dall'Armenia).
Questo è il discorso pronunciato la settimana scorsa a Oslo da Guri Hjeltnes, rappresentante del board della organizzazione Fritt Ord (Libertà di parola) che in questi 21 anni ha contribuito a finanziare le operazioni dell'emittente.
Dear journalists and editors of DVB, distinguished guests from abroad, and very soon arriving Børge Brende, Norwegian Minister of Foreign Affairs!
On behalf of the Fritt Ord Foundation and the DVB Multimedia Group: Welcome to the seminar “DVB Operations and Myanmar Media: Past Experiences and Future Vision”! This is a seminar to commemorate DVB’s stay in Norway. DVB is on the move, leaving Norway, it is off to Myanmar. 
Besides journalists and editors of DVB, we have prominent journalists from other Burmese media, and exiled journalists from Belarus and Zimbabwe as well as journalists from South Africa and South Sudan, who are now able to work inside their own countries, that are here today to both learn from DVB, and share their experiences with DVB, on their new path as a commercial, independent media house in Burma.
A warm welcome to you all!
As many of you might know, The Fritt Ord Foundation is a private non-profit foundation that works to promote freedom of expression and public debate in Norway.  We are both a grant-giving foundation, and we do run our own projects.  On an international level, Fritt Ord has over many years supported Index of Censorship. A few years ago Fritt Ord established the Free Word Centre in London, a building devoted to freedom of expression, where both Index of Censorship and Article 19 have had their headquarters. Together with the German foundation ZEIT-Stiftung, Fritt Ord annually awards press prizes to journalists and media in Russia, Belarus, Ukraine, Georgia, and Azerbaijan. The press prizes are intended to support the independent role of journalists, despite reprisals and financial difficulties, to encourage them not to be intimidated by censorship and to resist self-censorship.
I would like to mention just two of our recent initiatives.
In Norway the Fritt Ord Foundation recently established the Freedom of Expression Barometer of Opinion, the first comprehensive survey of the general public's attitudes to and experience of freedom of expression. The Foundation has also taken an initiative for a Monitoring Project designed to monitor the status of freedom of expression in Norway. The project is being run by the Institute for Social Research. The Monitoring Project is a comprehensive research project that will survey freedom of expression in a multi-cultural society, the digitalization and modification of the new media reality, the surveillance needs of society and the market, and freedom of expression in the work place.
An important international exhibition and information project in the wake of the terrorist act perpetrated in Norway on 22 July 2011 will be opened to the public in spring 2014. With the tentative title “We live on a Star”, the project is a result of cooperation between the Henie Onstad Art Centre and the Fritt Ord Foundation.
And so to our guests from far away - and what we are commemorating here today. The Fritt Ord Foundation has provided support for DVB for a number of years. We supported the establishment of the DVB radio in Norway in 1992.  Ten years later, in 2002, the contact between DVB and Fritt Ord resumed, then with support for an international media conference in Oslo and for educational programs for the DVB journalists.  In 2003 we extended our support to media training of journalists within Burma.  Fritt Ord was actually the first foundation to support a pilot project, in 2004, under the auspices of the DVB that was aimed at setting up a TV station. 
We have subsequently followed up by providing substantial annual support for the media organization’s TV project. The Foundation has also provided grants for the production of the documentary film “Burma VJ – reporting from a Closed Country” which received an Oscar nomination in the category ‘best documentary film’. The Norwegian premier of the documentary took place at Fritt Ord in 2009. In 2010 we invited to a film screening of the documentary “Burma’s Nuclear Ambitions” and a follow-up debate together with DVB in Oslo. In 2011 Fritt Ord and DVB co-organized a preview screening of the documentary film “The Voice of Burma”. Both films received production support from the Fritt Ord Foundation.
It was with great joy that we were able to invite Zarganar – comedian, film actor, director and former political prisoner, and Min Htin Ko Ko Gyi – poet, filmmaker and screenwriter, with help from DVB to take part in the opening ceremony of the First World Conference on Artistic Freedom of Expression, entitled "All That is Banned is Desired", at the new Opera in Oslo in autumn 2012. The session was most appropriately called ‘Beauty under Pressure’: about film, poetry and music in Burma. 
Two weeks ago members of the board of Fritt Ord visited DVB’s new premises in Thailand and Burma, accompanied by Khin Maung Win, Deputy Executive Director of the DVB. First stop was Chiang Mai in Northern Thailand. We met the most engaged group of editors and journalists, working on different media platforms, in the midst of unopened boxes sent from Norway, a charming chaos. The working conditions – and the working spirit – are impressive. The TV-monitors in the DVB-building demonstrated the wide journalistic activity. The competence amongst the DVB was convincing. Next stop was Yangon, where another dynamic group, maybe a bit smaller, met the Fritt Ord guests. We were once again well informed of the ambitions and challenges of working in Burma. Hot topics are the new laws – a complicated mixture of laws and regulations, heavily debated when we visited.
We also had a most enlightening morning meeting Zarganar, other artists, and other editors, and not to forget an eager group of quite young journalists, greating us with optimism and determination. I am happy to share with you the repeated praise of the exile radio- and tv- station:
– DVB was our light in the darkness.
This fall, the biggest journalistic event is the SEA games. Next stop was the capital Nay Pyi Taw – quite a change from the extreme traffic in Yangon, quite a long way to fill the streets of Nay Pyi Taw. 
Fritt Ord met the Minister of Information and his top leaders in the ministry. Fritt Ord – alas, thanks to our friend Khin – we also met and talked to Daw Aung San Suu Kyi. Our chairman Georg Rieber-Mohn told her about our visit and cooperation with DVB through many years. He mentioned that after our short week we are optimistic of the development. Suu Kyi replied: - I am carefully optimistic. You cannot just hope. You can only allow yourself to be optimistic if you at the same time work hard. 
I think these words sums up DVB’s effort over the years: hard work and a media adventure with no parallel anywhere. The small radio station, Democratic Voice of Burma, an exile opposition, more propaganda-like in the beginning, has developed into a professional multimedia organization.  Yes, Fritt Ord is optimistic, and we enjoyed the beautiful landscape of Burma. Being a WWII-historian it was also a travel back in Burmese history. On behalf of the board, I would like to thank Khin Maung Win. He took a week off from his important work at DVB, and gave Fritt Ord an unforgettable journey into his home country and into the new world of DVB. 
At the Fritt Ord Foundation we will follow the new path of DVB in Chiang Mai, Yangon and Nay Pyi Taw with great interest, and also with understanding of the need for financial support in this crucial transitional period. I repeat – an understanding of the need for support … – hope you get the point. And now I turn to you – Aye Chan Naing, Executive Director and one of the founding members of the DVB. You have for many years been a driving force of the DVB, so we are honored that you will open this seminar. Together with the DVB staff you have created an independent flagship in the Burmese media landscape. 

(Gli speaker dell'evento, al quale hanno partecipato altre organizzazioni mediatiche extraterritoriali)
1. Professor Guri Hjeltnes is a member of the Board of Trustees of Fritt Ord (Freedom of Expression
Foundation), a Norway based DVB donor since the beginning and the host this event at their office
2. Mr. Aye Chan Niang is Executive Director and one of founding members of the DVB
3. Mr. Harn Yawnghwe is former Executive Director of the DVB
4. Mr. Harald Bockman is Chairman of the Board of both DVB Foundation and Norwegian Burma
Committee which helped DVB get started in 1992 in Oslo
5. Mr. Maw Lin is Chief Editor of the People’s Age Journal, Myanmar
6. Mr. Khin Maung Win is Deputy Executive Director of the DVB, and one of founding members of the
DVB
7. Ms. Eva Atterlov Frisell is Programme Manager at Swedish International Development Cooperation
Agency (Sida), a DVB major donor since the beginning
8. H.E Børge Brende is Minister of Foreign Affairs, Government of Norway
9. Professor Helge Rønning is a professor at the Department of Media and Communication, University
of Oslo
10. Mr. Kavi Chongkittavorn is a Thai journalist and member of Board of Directors of the DVB since
2006
11. Mr. Jacob Akol works for Gurtong Trust Peace and Media Project
12. Ms. Tu Tu Thar is an Editor of the Irrawaddy Magazine and Online (Burmese section)
13. Ms. Jane McElhone works for Media Programme, Open Society Foundation
14. Mr. Jacob Akol runs Gurtong Trust Peace and Media Project, South Sudan
15. Mr. Thaung Htike is Chief Editor of True News Journal, Myanmar
16. Mr. Toe Zaw Latt is Myanmar Bureau Chief, DVB
17. Ms. Maria Sadovskaya-Komlach is a Senior Project Coordinator of the European Radio for Belarus
18. Ms. Gerry Jackson runs Short Wave Radio Africa (Zimbabwe)
19. Mr. Pe Myint is Consultative Editor of People’s Age Journal, Myanmar
20. Mr. Kyaw Min Swe is Chief Editor of The Voice Daily Newspaper and The Voice Weekly Journal,
Myanmar
21. Mr. Wilf Mbanga is Chief Editor “The Zimbabwean Newspaper”, which is published in South Africa
and circulation is made within Zimbabwe

25 novembre 2013

La casa delle complessità del reale

Su DoppioZero, Tiziano Bonini ritorna sul documentario di Nicholas Philibert, La Maison de la Radio, con una recensione molto articolata che mette in evidenza le tematiche del film. Tiziano ha avuto la bontà di citare alcune delle brevi annotazioni che avevo pubblicato su Facebook la sera stessa della prima proiezione milanese.

«Credo che conserverò molto a lungo l'emozione di questa serata trascorsa alla Cineteca di Milano con "La maison de la radio" e i 45 minuti di discussione con il regista Nicolas Philibert. Il quale ha esordito confessando di aver voluto realizzare il suo documentario (l'intenzione, ha precisato, non era affatto didascalica e lo si è visto), un po' per amor di paradosso - quello di un film su un medium privo di immagini - ma soprattutto per un amore tout court: "la radio mi piace da quando ero bambino", ha aggiunto il regista che a proposito di paradossi ha girato, in passato, anche un film sul mondo della sordità. Alla fine del suo dialogo con gli spettatori, tutti molto partecipi mi è sembrato, Philibert ha ammesso che più in generale questo è un film sulla voce e sull'ascolto. Una grossa parte di un'opera che mi sarebbe piaciuta anche se non fossi animato da sfrenata passione radiofonica, è costituita dall'evidente fascino, del profondo rispetto nutrito nei confronti del lavoro dei 4.500 dipendenti di Radio France, della loro passione, coinvolgimento in un mestiere sentito autenticamente come proprio. Il racconto imbastito da Philibert (60 giorni di riprese distribuite nell'arco di 6 mesi) ci emoziona come molti altri film sul lavoro, la creazione artigianale, l'espressione della perizia, della competenza, della professionalità degli individui. La radio è il mestiere più bello del mondo ma tutti i mestieri ben raccontati esercitano una forte attrattiva. Lo spettacolo del lavoro dell'uomo vale, spesso supera persino lo stupore che possiamo provare davanti a un paesaggio naturale. Il merito di questo film è quello di riuscire a catturare, preservandole e rendendole visibili, tangibili, le voci senza corpo e senza tempo della radio.»


La Maison è la classica pellicola da cineteca, non avrà mai una circolazione estesa, Tiziano stesso ha dovuto procurarsi il DVD su Amazon francese (in Italia la copia da sala viene proiettata con sottotitoli italiani, su DVD non saprei). A parte queste note buttate a getto è difficile aggiungere qualcosa alle parole di Tiziano, se non soffermarsi un poco sul perché il recensore abbia provato un po' di noia, sottolineando tuttavia che si tratta molto probabilmente del tedio dovuto alla lunga contemplazione di meccanismi che lui, premiato autore e regista radiofonico, conosce fin troppo bene. Per un ascoltatore puro (sono giornalista, ma di radio non ne ho mai fatto direttamente, a parte le comparsate telefoniche e qualche intervento registrato) e un amante di radio come me, la visione del documentario equivale al dietro le quinte del laboratorio di Babbo Natale visto da un bambino di quattro anni. Probabilmente non mi stancherei mai. È curioso però che l'autore del documentario insiste molto nella descrizione del suo lavoro come un inno al lavoro della parola anche a quello dell'ascolto. Lo sottolinea nel corso dell'incontro con gli spettatori milanesi dopo la proiezione, incontro che ho registrato e vi sottopongo qui. Dietro ai microfoni, afferma a un certo punto Philibert, si parla molto, ovviamente, ma si ascolta tanto, nelle interviste, nelle telefonate. Chi fa radio non dovrebbe parlare senza prima aver ascoltato, come il pubblico dovrà fare in seguito, a fattori invertiti. In ogni caso leggete il pezzo di Tiziano Bonini perché è come sempre eccezionalmente denso di rimandi e affermazioni condivisibilissime (molto bello il parallelo con i makers, nel film di Philibert c'è un accenno fantastico proprio nel finale, quando si parla di quegli amabili matti biraghi dell'Atelier du Son di France Culture). Non si può fare a meno di cogliere poi la dichiarazione d'amore del regista nei confronti dell'istituzione della radiofonia pubblica. Nell'audio che ho registrato a Milano fa molto pensare la domanda di una spettatrice, chiaramente colta e ben informata (non solo perché parla in ottimo francese), ma del tutto incapace di cogliere la natura dell'emittente descritta nel film. «Ma che tipo di stazione di radio è?», chiede pensando evidentemente ai nostri network commerciali o alla magra offerta di Radio RAI. È un tema, questo, di portata monumentale, in Italia particolarmente svilito, avvilito direi, dalla retorica privatistica che la politica a destra e non solo a destra, ripete continuamente, come un disco rotto. Una istituzione come Radio France - o come Radio RAI dovrebbe poter essere - rappresenta un inestimabile patrimonio per l'intera società, un tesoro che ci nutre, ci fa crescere e dovrebbe guidarci nel nostro rapporto con una realtà meravigliosamente complessa. Alla fine, se posso aggiungere una categoria a quelle elencate da Tiziano, direi che nel documentario di Philibert la complessità della vita e dei suoi problemi sono davvero di casa, ospiti rispettati ma non temuti, da affrontare tutti insieme.



24 novembre 2013

Il "quarto fronte" dal '43 al '45, un libro sulle radio e la musica dei liberatori

Da un certosino lavoro di Gioachino Lanotte, ricercatore specializzato nell'uso di fonti storiografiche alternative ai normali documenti ufficiali della paludata storia delle cancellerie, emerge il racconto di una particolarissima fonosfera: quella del lungo, sanguinoso biennio che dal 1943 al 1945 ha portato l'Italia alla liberazione dal nazifascismo. Lanotte è uno storico anomalo come lo sono le sue fonti. Il suo impeccabile curriculum scientifico, che include un dottorato di ricerca, non lo ha mai allontanato dalla sua vocazione di insegnante di scuola superiore e dal suo amore per la musica. Prima di questo eccezionale lavoro sulla colonna sonora radiofonica della nostra guerra civile - per riprendere la definizione dello storico Claudio Pavone citato dallo stesso Lanotte - l'abbondante produzione dell'autore di «Il “quarto fronte” - Musica e propaganda radiofonica nell’Italia liberata 1943-1945» comprende una storia musicale della Resistenza attraverso le sue canzoni, un saggio sullo swing di Fred Buscaglione, la partecipazione con Paolo Colombo alla stesura di "La corsa del secolo - Cent'anni di storia italiana attraverso il Giro" e molti altri testi saggistici. Subito dopo la fatica sulla radiofonia della Liberazione, sempre per l'editore universitario Morlacchi è apparso quest'anno Il fantasma rosso - La stampa italiana e il maccartismo, dove Lanotte, basandosi su giornali e rotocalchi italiani, ricostruisce le vicende della violenta azione legale e culturale contro gli intellettuali, gli scrittori, gli artisti progressisti negli Stati Uniti (e, di riflesso, in Italia) tra immediato dopoguerra e primi anni '50.
Molto sui generis è stata anche la presentazione di "Il quarto fronte" a Book City Milano 2013, in una delle sale del Teatro Franco Parenti, Lanotte ha voluto accanto a sé a un altro scrittore, musicista, americanista, traduttore: il piacentino (ma credo di origini fidentine) Seba Pezzani. Quest'ultimo ha introdotto brevemente Americrazy, diario di viaggio americano da poco pubblicato da GL Editore - Nuova Editrice Berti di Piacenza (qui la lettura di un estratto letto ai microfoni di Radio Emilia Romagna). Frutto narrativo di una "vacanza"-torunée che Pezzani ha tenuto tra Colorado, Nuovo Messico e Texas con la sua banda rythm & blues "RAB4", il piccolo volume è stata l'ispirazione del brillante sipario musicale che ha concluso il pomeriggio al Parenti. Ecco la parziale (purtroppo sono arrivato un po' in ritardo) registrazione dell'intervento di Lanotte, a partire dalle osservazioni su Radio Liberata di Roma.
Il libro di Lanotte, malgrado la "leggerezza" del tema musicale dominante, ha tutto il peso e il minuzioso dettaglio di un testo specialistico, universitario. Nell'intervista che l'autore mi ha gentilmente concesso vengono spiegate molto bene le origini di questo lavoro, che non nasce da un mero interesse nei confronti di un periodo storico ancora relativamente poco esplorato (mentre non mancano i testi sulla propaganda e la cultura popolare della radio nell'epoca fascista). Lanotte crede molto nella capacità di ricreare - con tutte le cautele del caso - un contesto storico anche a partire dai testi delle canzonette che la radio metteva in onda e che la gente, in quelle circostanze così drammatiche, riprendeva, riadattava alla propria quotidianità. Cercando di ritrovare nella musica, nel varietà, nelle commedie, ancor prima che nei notiziari di Radio Bari o Radio Londra, il senso di un vita in comune, un paese reso schizofrenico dal fascismo, dal suo alleato tedesco, da una guerra disastrosa.  Grande spazio è dedicato all'impatto che la "musica degli americani", lo swing, il boogie, il jazz, riuscì ad avere prima che l'Italia dei primi Festival di Sanremo imponesse un temporaneo ritorno a stili musicali più tradizionali. Paradossalmente, riconosce Lanotte, neppure la retorica "romana" fascista era riuscita a opporsi all'arrivo del jazz in Italia (avversato in modo esplicito soprattutto negli anni delle grandi sanzioni contro l'Italia del Duce). Secondo Lanotte c'è molta fisicità nel ruolo che le band delle emittenti radio liberate, i gruppi diretti dai Piccioni e dai Trovajoli, ebbero su una popolazione duramente provata dalla guerra e proprio per questo sempre pronta a danzare, a sfogarsi attraverso una ritualità antica, ma autenticamente "liberatoria".
"Il quarto fronte" è suddiviso in diverse sezioni, dedicate alle emittenti di Palermo, Bari, Cagliari, Napoli, Roma, Firenze. L'autore spiega di aver voluto ripercorrere lo stesso viaggio delle truppe alleate, andando a compulsare gli archivi privati, quelli dei giornali, degli istituti storici sulla resistenza e naturalmente delle stazioni radio che poi, a guerra conclusa, segnarono il passaggio dall'Eiar alla Rai. Durante la conferenza Lanotte ha fatto ascoltare per esempio qualche minuto tratto da un audiodocumentario realizzato nel 1954 da due registi che avevano lavorato per Radio Firenze Libera, Amerigo Gomez e Victor De Sanctis. Dieci anni prima, nell'estate del 1944, i due avevano percorso le strade di Firenze raccogliendo documenti sonori impressionanti, gli spari contro i cecchini appollaiati nelle mansarde, le grida dei genieri tedeschi che coordinavano il lavoro di distruzione dei fili elettrici tramviari, le esplosioni dei ponti sull'Arno. Per fortuna questo documentario è stato reso disponibile su You Tube dall'Istituto Storico della Resistenza in Toscana, insieme a una proiezione di immagini d'epoca:



Il libro si conclude con un capitolo sulla nascita della Rai ma Gioachino Lanotte è già al lavoro su una possibile integrazione, più focalizzata sugli eventi che si susseguirono a nord di Firenze, nei territori della Repubblica di Salò e della lotta partigiana più aspra. Eventi che anche dal punto di vista radiofonico furono ancora più intricati per l'intervento di operazioni di propaganda "grigia" orientate a creare un clima sfavorevole intorno alla lotta di resistenza. Non vedo l'ora di leggere storie come quelle di Radio Tevere e della biellese Radio Baita, le "false" stazioni partigiane, o ancora della fiorentina Radio Cora. Su Radio Baita, nel frattempo, potete leggere un articolo di Rolando Magliola apparso nel 2009 sulla rivista di storia contemporanea L'impegno, dell'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”.
Il lavoro da fare sarebbe ancora molto lungo, proprio perché le fonti da utilizzare spesso non sono immediatamente accessibili e gli archivi istituzionali versano a volte in cattive condizioni di trascuratezza e mancanza di mezzi. Ricostruire tutto ciò che le impalpabili voci della radio ha rappresentato in quegli anni - riconosce lo stesso Lanotte - non è più possibile, ma se non fosse per ricerche tanto preziose non resterebbe che l'oblio. 

22 novembre 2013

#socialradio, un osservatorio promosso dalla Sapienza per misurare le attività Web e mobile della radio italiana

Un osservatorio per seguire e misurare le strategie social delle radio italiane, cercando di capire come Facebook, Twitter e altri media possono giocare di sponda per favorire l'audience radiofonica. Diciannove su venti dei network più ascoltati in Italia (dati Eurisko RadioMOnitor I semestre 2013) hanno una presenza Web e una propria app, secondo le valutazioni di Socialradio, di Osservatorio Social Vip, un progetto svolto in collaborazione con la cattedra di Pubblicità e strategie di comunicazione integrata del CoRis, dipartimento della Sapienza di Roma. Diciannove hanno una pagina Facebook, diciotto sono su Twitter, diciotto su You Tube. In aumento anche l’utilizzo di Google Plus (10) mentre resta basso l’interesse per Instagram (2). 
Socialradio analizza come la rete sta aiutando le radio a costruire e fidelizzare le proprie community e come il mezzo di comunicazione più antico e consolidato sta affrontando la sfida e opportunità dei social media.  «Il progetto #socialradio – spiega Stefano Chiarazzo dell’Osservatorio Social Vip, si pone l’obiettivo di fotografare lo stato dell’arte dell’uso delle tecnologie web e mobile da parte delle radio italiane, evidenziare trend e best practice e aiutare le emittenti italiane nel percorso di crescita e innovazione». Ciò, presegue il titolare dell'osservatorio, avverrà attraverso il monitoraggio e analisi delle attività online delle radio e, soprattutto, con interviste a chi questo cambio epocale lo vive ogni giorno: i responsabili marketing, gli autori e gli speaker di emittenti rappresentative dell'attuale scenario radiofonico italiano. Ad oggi hanno aderito Radio2 Rai, Radio Italia solomusicaitaliana, M2O e Radio Globo, mentre altre si aggiungeranno nei prossimi mesi.
Gli strumenti "non radiofonici" utilizzati - web TV, le web radio tematiche e le community - offrono, gratuitamente, l'opportunità di spingere la fruizione del mezzo radiofonico ben oltre il semplice ascolto. Podcast e app per smartphone e tablet consentono di ascoltare le dirette ovunque, anche all’estero, e riascoltare le trasmissioni dei propri programmi preferiti. Sondaggi sul sito, social network, Sms e WhatsApp accorciano le distanze tra deejay e radioascoltatori, rendendo questi ultimi sempre più protagonisti dei palinsesti e della creazione di contenuto partecipato di qualità. Nelle strategie adottate dalla singole emittenti ci sono comprensibili differenze. Radio Italia è la più seguita su Facebook (1 milione e 600mila fan) e Instagram (1.600) mentre Radio Deejay domina su Twitter (1 milione e 200mila follower) e Google+ (168.000). Su YouTube è Radio 105 la più “vista” con più di 15 milioni di visualizzazioni sul canale ufficiale, mentre la pubblica Radio Rai punta principalmente sui suoi specifici programmi, raggiungendo punte di d’eccellenza social con “Il Ruggito del Coniglio” e “Un giorno da pecora”. «Gli ascoltatori di ogni emittente costituiscono una comunità a sè, cresciuta nel tempo attorno a linguaggi, valori, temi e gusti musicali ben precisi - commenta Marco Stancati, consulente aziendale e docente della Sapienza. I social network, in particolare, offrono oggi l'opportunità di dare un "luogo" a tale comunità, offrendo occasioni di confronto e coinvolgimento impossibili fino a qualche anno fa». 
La fidelizzazione e il coinvolgimento partecipativo non sono tuttavia gli univi obiettivi. «Una delle sfide per le radio oggi – spiega Paola Panarese, titolare della cattedra di Pubblicità e strategie di comunicazione integrata, è "monetizzare" il grande seguito offerto dalle loro comunità online, coinvolgendo gli investitori in attività di comunicazione e co-marketing sempre più integrate, innovative e interattive». Un fattore competitivo da non sottovalutare in un periodo di forte calo degli investimenti pubblicitari, anche nel comparto radiofonico. 

18 novembre 2013

Brionvega radio.cubo, nuovo modello con funzione Bluetooth e prezzo più contenuto

Un nuovo Radio.cubo si aggiunge all'elenco di simboli del grande design italiano che il gruppo SIM2 ha riportato in auge insieme al brand Brionvega. Rispetto al modello precedente, che integrava anche la sintonia delle stazioni radio su Internet via Wi-Fi, la nuova Radio.cubo, disponibile in diversi colori, sostituisce il Wi-Fi col Bluetooth A2DP (2.1) per poter ricevere e ridiffondere attraverso l'altoparlante i flussi sonori provenienti da smartphone e altri apparecchi compatibili. La sezione radio riceve la radio digitale DAB/DAB+ in banda III e banda L, l'FM con RDS, funge da radiosveglia e un telecomando consente di gestire tutte le funzioni. Uscita per una seconda cassa, ingresso per cuffia e display con cinque livelli di retroilluminazione, completano le dotazioni di radio.cubo, disponibile nei caratteristici colori arancio sole, bianco neve, nero notte, rosso, giallo sole e i nuovissimi azzurro mare, viola e rosa. La potenza della cassa in dotazione e di quella opzionale aggiuntiva è di 9 watt. Il prezzo di listino è più abbordabile che in passato: 279 euro iva inclusa.


17 novembre 2013

Smarfle, player intelligente e premiato

L'altro giorno sono passato in Triennale a Milano per l'evento organizzato da Working Capital (#WCAP) per ricordare Marco Zamperini (#stayfunky) e premiare le 15 startup che si sono aggiudicati il "grant di impresa" da 25 mila euro nell'edizione 2013 dell'iniziativa di Telecom Italia/TIM per la valorizzazione delle imprese innovative. Tra i tanti giovani imprenditori saliti sul palco c'era anche Massimo Michetti, co-fondatore, insieme a Francesco Capozzi, Emiliano Mancini e Giovanni Talesco di Smarfle, una app musicale inserita nello stesso filone di Mentor.fm, quello della raccomandazione musicale, orientata al profilo individuale e alle "situazioni" in cui ascoltare musica. 
Smarfle opera nella provincia di Bari ed è inserita nella comunità di The Hub di Fiera del Levante. Nel suo pitch di tre minuti Michetti lo ha definito un servizio di recommendation context-based rivolto al "lazy music listener". Smarfle, leggo nella sua scheda su The Hub cerca di «rendere più semplice la vita degli utenti che amano ascoltare la musica per accompagnare i diversi momenti della propria giornata, ma non vogliono perder tempo a selezionarla o creare delle playlist adatte.» In pratica funziona come un music player mobile intelligente, in grado di apprendere i gusti musicali e associarli a particolari attività o contesti, come ad esempio il lavoro, lo sport, i viaggi, il relax. Rispetto a Mentor.fm c'è quindi anche il tentativo di contestualizzare l'ascolto non solo nel sistema di preferenze social dell'utente, ma anche nei vari momenti della sua vita. Anche questa piattaforma di automazione della music discovery merita un approfondimento.

I consigli di Mentor, il progetto italiano che personalizza l'ascolto musicale

Ho intervistato Eugenio Tacchini, informatico e economista emiliano, specializzato in algoritmi di recommendation e autore di una interessante sperimentazione sullo streaming musicale: una piattaforma, Mentor.fm, che genera un flusso sulla base di un profilo musicale individuale costruito, artificialmente, attraverso i "like" sui social network e altre informazioni. Mentor.fm utilizza proprio il database musicale di Deezer, il quale rende accessibile la propria libreria musicale ad applicazioni esterne non commerciali. Per accedere al servizio è necessario essere iscritti a Deezer (a sua volta accessibile con Facebook). 

Come nasce Mentor.fm?

Da un'sperienza molto lunga. Nel mio dottorato di ricerca terminato l'anno scorso mi sono occupato di recommendation system per prodotti e contenuti ed essendo appassionato di musica mi sono focalizzato sulla recommendation musicali. Ho voluto validare il modello realizzando una emittente online, in cui si ascoltasse veramente, non solo generando playlist. Il progetto, concepito a livello accademico è stato ripreso quest'anno e trasformato in un servizio vero e proprio. Da qui nasce la seconda versione di Mentor, oggi beta pubblica in dieci paesi, e in altri circa 180 in beta privata. Siamo a ridosso del lancio ufficiale, ci sono delle cose da affinare ma sostanzialmente stiamo aspettando solo la confezione del video promozionale, che secondo me è venuto molto bene. Avere un video per un servizio Web vuol dire molto.

E come mai proprio la musica?

Ad aver dato il la al mio impegno accademico in realtà è una esigenza personale, quella di disporre di un sistema super semplice che permetta, senza interagire alla tastiera, di accendere un flusso e ascoltare la musica che ti piace, senza il filtro della ricerca. Come appassionati di musica vogliamo a volte ascoltare specifici brani, ma ci sono altri momenti in cui non si vuole neanche pensare di cercare ma avere una fonte da ascoltare: la vecchia radio farcita di tecnologia insomma. Il Normal mode di Mentor è quello che ho raccontato, ti creo un Dna musicale basato sul tuo profilo social e ti faccio ascoltare qualcosa che ti piace. Il Surprise me mode è più rischioso, punta a traghettare l'utente verso mondi musicali che non sono quelii a lui più congeniali. Non è il discovery tradizionale, che funziona per genere… Se per esempio tu non ascolti mai jazz ma secondo il mio algoritmo il jazz potrebbe piacerti, allora te lo faccio ascoltare.

C'è soltanto software in azione?

Sì è un puro algoritmo software. Nella presentazione delle novità di Deezer parlavano di editor musicali che selezionano per genere e sottogenere. Questa cosa la faccio anch'io ma in modo automatico. Parlare di generi è riduttivo, ci sono altri modi per far somigliare due artisti anche di genere lontani. L'approccio è l'esatto opposto di Pandora, analizzare un brano musicale (manualmente) mettere in corrispondenza due tracce sulla base di questi parametri. Alla base di Mentor c'è invece un modello di collaborative filtering. I systemi di raccomandazione si dividono in base a due categorie, nel collaborative filtering due artisti sono simili se hanno la stessa audience, nell'approccio content based si analizza invece il contenuto. La maggior parte di piattaforme attuali è di tipo collaborativo, Deezer e Spotify combinano i due approcci. Mentor si pone per adesso come collaborativo puro, non ho intenzione di usare al momento l'analisi di contenuto. Oggi il metodo dà risultati validi. 

Da dove parte il meccanismo di profilatura musicale?

Nel momento in cui ti colleghi e ti registri come nuovo utente quasi tutto è basato sul profilo Facebook, i like che hai fatto sugli artisti, già con una decina di like posso ottenere un risultato attendibile. Per adesso tutto è legato al tuo profilo di FB e al comportamento come utente di Mentor, cioè su due input. Ma in cantiere ci sono altri input, quello di Deezer e altri. Per adesso Mentor però non chiede di accedere al tuo wall, sto ragionando se aggiungere questa possibilità ma capisco che da parte dell'utente ci possa essere qualche remora. Tanti utenti che pensano di avere un profilo poco ricco, in realtà accumulano dei like negli anni di fruizione di FB! Nella prima versione avevo 15 like per utente in media. D'altra parte ci sono quelli con zero like musicali e allora ci si deve affidare solo al comportamento su Mentor.

Da quali altre fonti potrebbero arrivare i dati per il profiling?

Sono convinto che anche da altri domini si possano estrarre informazioni sul profilo musicale. Ci sono mille correlazioni esterne, se uno ama molto la musica indie difficilmente andrà a vedersi un cinepanettone. Cinema e musica vanno di pari passo, quanto meno sull'essere inclini al mainstream o viceversa alla nicchia. Da un film puoi capire se sei appassionato per esempio di rock. 

Qual è il business model di Mentor?

Oggi non ho un vero business model, anche se la mia non è ricerca pura perché ho voluto creare un servizio che avesse un potenziale commerciale. I costi per farlo funzionare sono molto basi, voglio metterlo sul mercato, vedere che cosa succede e agire di conseguenza. Un discorso da fare è la mancata presenza negli USA. Deezer non copre quel territorio ma da quanto ho visto gli utenti americani sono molto più disposti a pagare. Voglio affrontare in modo più approfondito l'aspetto business quando potrò sbarcare negli Stati Uniti. Se in Europa non generassi ricavi, questo non mi tratterrebbe dal provarci da quelle parti. Il fattore business è quello con i punti di domanda principali, sono aperto a veder quel che succede. 

La piattaforma di Deezer prevede la possibilità di creare dei plug-in agganciati alla sua interfaccia, perché hai deciso di non seguire questa strada?

Ho seguito una strada diversa perchè non volevo che Mentor si perdesse dentro a Deezer. Un modello simile lo offre anche Spotify che forse è ancora più popolare. Sistemi in streaming ce n'erano da anni, ma quando è uscito Spotify ha saputo conquistarsi una notevole fama, sono stati molto bravi. Ora Deezer guadagna terreno e spero che Mentor possa approfittare della popolarità di Deezer e viceversa, sono due cose tra loro correlate. Chiunque può entrare in partnership con Deezer, allo stato delle cose utilizzi Deezer come provider di musica in streaming e puoi farlo gratuitamente alla condizione che tu non eroghi un servizio commerciale. In questo momento non potrei far pagare Mentor, non perché Deezer mi chiederebbe una parte di soldi ma perché proprio non si può fare, credo per vincoli contrattuali con le case discografiche. L'accordo funziona così, puoi usare librerie musicale gratuitamente ma l'utente deve essere iscritto a Deezer (con la speranza di farlo diventare pay). Con una app esterna puoi aderire al programma di affiliation per cui se un utente diventa premium per merito tuo hai diritto a una delle mensilità versate. 

Qual è il tuo parere sui servizi pay e sull'economia della musica liquida?

Da questo punto di vista vorrei un ecosistema più semplice, in cui pagare sempre ma molto poco e in cui non ci fosse pubblicità o altro. Il fatto che Internet ci abbia abituati ad avere tutto gratis ora rende complicato tornare indietro, non si ha la percezione del fatto che un album musicale costa molta fatica. Non pagare è bello ma ci ha disabituati all'idea del lavoro che c'è dietro a quello che consumi. In America è diverso, Netflix ha un sacco di abbonati. 

Ma qui in Europa facciamo fatica ad adottarne il modello.

Anche per la scarsa conoscenza del mondo da parte di chi è seduto su certe poltrone. Per le serie tv ci sarebbero tantissime persone disposte a pagare. 

Chi è Eugenio Tacchini e quanta fatica è costata il lavoro per Mentor?

Ho due lauree, in Economia e Informatica, e un dottorato in Informatica. Per così dire ho i piedi in due scarpe, ma  la vera passione è informatica. Per Mentor ho lavorato da solo, tranne che per l'interfaccia grafica. Sul video promozionale di cui parlavo hanno lavorato quattro persone e io ho sviluppato il concept e lo script. 

Prima di Mentor, c'è stato un progetto chiamato Dadabik, un innovativo sistema per lo sviluppo di database per il Web partendo da db come MySQL.


Dadabik risale a tantissimi anni fa, il primo concetto risale al 2000. La prima versione fu pubblicata nel 2001 è stato per anni un progetto open source, è cresciuto tantissimo, per anni è stato il più importante e l'anno scorso l'ho trasformato in un progetto commerciale. Adesso funziona molto bene perché tanti anni di volontariato hanno dato dei frutti, la community è grandissima, è stato usato nei modi più disparati. I paganti sono un sottoinsieme ridotto degli utenti di quando Dadabik era GPL ma è sufficiente per generare un certo business. È scritto in Php ma è più evoluto di tool come PHPMyAdmin e non è "as a service", lo si scarica per sviluppare applicazioni da mettere su Web server o su un server Intranet. Infatti è presente sia sulle intranet, sia su siti pubblici. 

Auditorium, elusivo canale RAI di "classica no stop" promuove l'ascolto in DAB+. Con antenna sul tetto.

Auditorium, il canale di classica no stop di Radio RAI, promuove sul proprio sito Web l'ascolto in DAB+. Facendo per così dire doppio outing: rivelando cioè che in Italia esiste anche un'offerta musicale di questo tipo (quanti sanno che Auditorium può essere ascoltata, oltre che in streaming, app, sul DTT e via satellite, anche in FM in cinque città importanti?). E ammettendo che all'interno delle case il segnale della radio digitale può non essere abbastanza intenso. «Gli appassionati che volessero ricevere  la Radio Digitale anche dove il segnale è scarso possono ricorrere a soluzioni tecniche raffinate, come ad esempio una antenna sul tetto e un cavo  che porti il segnale fino al radioricevitore.» È una affermazione candida ma tutto sommato rispettosa del consumatore, e un argomento che i fautori della radio digitale tendono spesso a marginalizzare. Invece è un problema importante perché le frequenze del DAB sono quelle un tempo utilizzate dalla tv e la tv, si sa, si riceve meglio con una antenna esterna. Questa semplice circostanza non può essere trascurata da chi deve decidere sul passaggio a nuove forme di radiofonia, magari a esclusione totale di quelle che oggi servono decine di milioni di ascoltatori. 
In FM Auditorium è presente a: 

Ancona su 106,00 MHz. 
Milano su 102,20 MHz
Napoli su 103,90 MHz
Roma su 100,30 MHz 
Torino su 101,80 MHz

Purtroppo al momento non sono previsti ampliamenti del servizio.

La musica di Auditorium in digitale
Il servizio di Radio Digitale è stato esteso, e recentemente è diventato ufficialmente  attivo  in Provincia di Trento (M.Paganella) e da Roma (Monte Mario). Il servizio digitale arriva anche in molte altre province italiane (ad es. Aosta, Milano, Torino, Napoli, Palermo...). La superficie servita sarà progressivamente estesa, e già il servizio è in sperimentazione in molte zone del Nord Italia.
Lo standard che adesso viene usato è il DAB+ (il simbolo "+" indica lo standard più avanzato con una codifica più elaborata del segnale audio) , in stereofonia. 
La Radio Digitale offre la possibilità di inviare all'utente, oltre all'audio,  arricchimenti sotto forma di infromazioni testuali  e immagini, che possono essere correlate al programma radiofonico oppure indipendenti.
Sul canale di testo  i metadati relativi al brano in trasmissione (artista, titolo...) sono inviati anche  secondo lo standard DL+ (Radio Semantica),  una sperimentazione  a cura del Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della RAI in Torino.
Chi già dispone di un radioricevitore per DAB+ potra quindi ascoltare , in provincia di Trento, a Roma  e nelle altre zone raggiunte dal servizio, Radiofd5 su un canale aggiuntivo a quelli già esistenti:  satellite, nei canali Radio del digitale terrestre televisivo,  web (clikkando sui tasti software a destra in questa pagina),  Filodiffusione Analogica (incompatibile con l'ADSL).
 Chi  dovesse acquistare ex-novo una radio digitale dovrà chiedere che sia idonea a ricevere lo standard DAB+. Esistono sia radio e autoradio DAB+, sia  dei piccoli "decoder"  digitale-analogico da collegare alla radio, a patto che  la radio disponga dei connettori necesari, il che va verificato modello per modello. E' già disponibile un chip che integra AM-FM-DAB,e quindi è probabile che tra qualche tempo esisteranno cellulari, smatphone, tablet, con cui sarà possibile ascoltare anche la radio DAB, come già avviene per l'FM.
La "copertura" del servizio indicata sulle mappe è riferita a livello di "suolo libero", che nelle aree densamente urbanizzate coincide con i tetti dei palazzi; potrebbe quindi accadere che il segnale sia ricevibile sul tetto ("outdoor") e non dentro l'appartamento o il negozio ("indoor"). Gli appassionati che volessero ricevere  la Radio Digitale anche dove il segnale è scarso possono ricorrere a soluzioni tecniche raffinate, come ad esempio una antenna sul tetto e un cavo  che porti il segnale fino al radioricevitore. La Radio Digitale è infatti attualmente trasmessa sulle frequenze VHF, e quindi l'antenna può essere lineare, può assomigliare molto a quella Yagi del primo canale TV, o di altro tipo (per gli appassionati le antenne sono un mondo a sé).  Se invece la ricezione avviene tramite uno "stilo",  sarà più corto che per una radio FM poiché la frequenza è maggiore.
Informazioni sulla copertura DAB+ possono essere richieste all'800 111 555 di Raiway, o scrivendo a raiway (at) rai (dot) it. Segnalazioni, domande, e altro possono essere anche inviate a filodiffusione (at) rai (dot) it o con un SMS al numero 347 014 23 71.
I programmi dei Radiofd5 sono anche consultabili alla pagina 539 del Televideo RAI.

Deezer, il pioniere globale dello streaming musicale, punta sulla "discovery" e lancia una app per i "music lover"

 Ho seguito qualche giorno fa in Web streaming da Londra, dal mitico Ronnie Scott's Jazz Club, la conferenza stampa mondiale del Ceo di Deezer, Axel Dauchez (il suo keynote è disponibile in differita a questo indirizzo). 
Deezer, fondato dal "wunderkind" Daniel Marhely è un servizio in streaming musicale davvero pionieristico, sette anni di grande avventura ha detto Dauchez, 300 persone che lavorano, una presenza davvero internazionale (182 nazioni, con la vistosa eccezione degli Stati Uniti). Un'avventura di successo, con 5 milioni di abbonati paganti, una cifra raddoppiata in soli due anni, che possono ascoltare liberamente, anche in mobilità (anzi, lo streaming via smartphone oggi è il 75% del totale), una biblioteca di 30 milioni di brani.
La particolarità di Deezer è la combinazione di algoritmi di raccomandazione e selezione guidata da una agguerrita redazione di esperti di musica. Secondo Dauchez Deezer quest'anno ha lavorato molto sul potenziamento di questa redazione, oggi di cinquanta persone (da trenta che erano) e sull'organizzazione del "sapere" musicale pop in ben 300 generi e sottogeneri. Chi entra in Deezer può affidarsi ai suoi suggerimenti automatici, ai consigli della redazione o alle ricerche volontarie in questa labirintica geografia del suono.
Tutto l'intervento di Dauchez si è incentrato sul senso della "discovery", sulla capacità di una piattaforma streaming di portare i suoi ascoltatori e abbonati alla scoperta di nuovi autori e stili musicali. È un motore essenziale per convincere i musicisti a sposare la filosofia dello streaming, dopo che già il concetto del download musicale aveva rivoluzionato l'industria (su questo tema e sulle conseguenze economiche della musica digitale vi segnalo un recente articolo di Tiziano Bonini su DoppioZero, "Non sentirsi in colpa con Spotify")
Per rendere ancora più efficace la discovery con Deezer sono stati introdotte diverse novità in una interfaccia rinnovata che esce proprio in questi giorni. Il nuovo Deezer prevede due pulsanti inediti, Hear this e Explore. Il primo è un live stream dove vengono proposti nuovi contenuti da provare, con la possibilità di seguire le raccomandazioni dell'editor che consiglia i vari brani, anche attingendo alle playlist degli altri editor. On top sulle "editor recommendation" ci sono anche quelle puramente basate sugli algoritmi di raccomandazione di Deezer. Per evitare un livello eccessivo di percentuali di brani "rifiutati" dall'ascoltatore, nel mix entreranno però forti dose degli autori e brani preferiti.
La funzione Explore, si rivolge a chi è nel mood di voler scoprire da solo nuove cose, per genere, per regione geografica, per etichetta musicale, per data di rilascio degli album. Insomma un motore di ricerca musicale molto potente dedicato a chi è più esperto o ha gusti musicali più definiti.
A proposito di esperti, Dauchez ha concluso il suo intervento con un'altra novità espressamente pensata per i veri "music lover", quelli che hanno un culto assoluto per la loro libreria di brani e non sentono il bisogno di rivolgersi a una piattaforma streaming anche perché molto del loro tempo viene dedicato alla cura della propria discoteca e al passaggio dei file da un dispositivo di ascolto all'altro. Daniel Merhely, ha detto il Ceo di Deezer, oggi vuole costruire un ponte tra i music lover e lo streaming, con un nuovo servizio in beta chiusa per il momento disponibile solo sottoforma di applicazione per MacOS. La Deezer app mescola le normali funzionalità di Deezer e l'accesso alla sua libreria attraverso un player molto compatto e leggero, a un servizio di "cloudizzazione" dei propri brani musicali, che vengono catturati sul disco e replicati sui server di Deezer (il meccanismo è simile a quello di Google Music o Apple iTunes Match). L'obiettivo è quello di spingere l'appassionato a usufruire della sua discoteca personale in modalità streaming, offrendo però l'opportunità di agganciarsi a Deezer per la scoperta di nuovi brani. Dauchez ha assicurato che la app verrà rilasciata entro fine anno e sarà affiancata anche dalla versione per Windows. 

Il ciclo solare numero 24 vicinissimo al massimo. Mai così debole nell'ultimo secolo.

Da un po' di tempo la stampa generalista di tutto il mondo si occupa molto di attività solare. Un interesse che dal punto di vista giornalistico non trovo del tutto giustificato, ma che non può che farmi piacere. Un recente articolo del Wall Street Journal, "Strange doings on the sun" ha ispirato moltissime altre testate a occuparsi del massimo del ciclo solare in corso - il 24esimo nella numerazione degli scienziati solari. Un massimo molto "minimo", addirittura il meno intenso registrato dai primi del novecento a oggi. Il segno distintivo di un massimo solare non è solo rappresentato dal numero di macchie che appaiono sulla superficie della stella, ma da un fenomeno magnetico massivo che investe la polarità del campo magnetico del sole. Ogni undici anni circa questa polarità si inverte e i poli geografici cambiano il segno magnetico. La prima notizia dell'imminenza di questo "rivoltamento" è arrivata alla fine di agosto dalla NASA, che ha prodotto anche un filmato illustrativo:



Il sole è talmente esteso rispetto a noi, che il meccanismo di inversione della polarità, la cosiddetta dinamo solare, non procede in modo repentino e uniforme. Ai due poli magnetici del sole il cambio avviene fuori sincrono e in un arco di tempo che può durare più di un anno. In questo momento, per esempio, il polo nord ha già cambiato la sua polarità magnetica e il sole si trova a essere una strana combinazione di due monopoli fusi insieme (la compensazione avviene sommando tutti i fenomeni su scala locale). Ma secondo la NASA ci sono tutti i segni di un possibile completamento del processo da qui alle prossime settimane. Nel periodo di inversione si verificano turbolenti cambiamenti anche nel "lenzuolo" di corrente elettrica generata dal movimento del sole immerso nel suo campo e questa corrente a sua volta può interagire con il sistema terrestre. Alcuni ipotizzano anche possibili influssi sul nostro clima, che in questo caso potrebbero anche compensare, in parte (anche se non arrestare), il surriscaldamento globale.
Per chi ascolta la radio l'attività solare e il suo influsso sulla ionosfera è molto importante anche su scale temporali molto brevi, la regola generale è che la propagazione sulle frequenze più alte delle onde corte può trarre molti benefici dalla forte attività, mentre viceversa un sole tranquillo è più amico dei segnali che si propagano nelle frequenze basse e nelle onde medie.

Radioascolto e associazionismo, una polemica che fa pensare

Quella che segue è la lettera (ho omesso di pubblicare in esteso i nomi, a eccezione di quello del firmatario perché sono estraneo all'associazione e alla vicenda) con cui il presidente onorario dell'Associazione Italiana  Radioascolto annuncia le sue dimissioni dal sodalizio che più di trenta anni fa aveva fondato insieme ad altri colleghi appassionati. In tutto questo tempo alla guida operativa dell'associazione si sono succeduti diversi responsabili, persone di lunga militanza nell'hobby, amici e conoscenti che frequento o di cui ho sentito parlare da una vita. Negli ultimi anni, complice la grande crisi vocazionale di un hobby che ha cambiato radicalmente faccia, per il venir meno delle condizioni al contorno che lo avevano reso molto popolare tra anni '60 e '80, la direzione strategica dell'AIR è stata assunta da altri, che hanno deciso di cambiare molte cose. Una di queste è stato l'abbandono di una pubblicazione cartacea a favore di una pubblicazione in PDF e lo spostamento del grosso dello scambio di notizie sugli spazi virtuali di Internet.  Si è trattato di trasformazioni doverose, ma eseguite in modo molto sbrigativo, portate avanti da persone estranee sia alla storia dell'Associazione, sia alla "cultura" dell'hobby che è andata sedimentandosi nel corso del tempo. Il firmatario di questa lettera di dimissioni, Manfredi Vinassa de Regny, un operatore pubblicitario di lunga esperienza, ha voluto anche stigmatizzare una serie di atteggiamenti della dirigenza che hanno reso molto pesante il clima interno all'AIR, un clima che secondo Manfredi e diversi altri soci, rende la discussione difficile se non addirittura sgradita. Si parla di messaggi censurati sulla mailing list sociale, di membri messi in moderazione, di risposte vaghe e arroganti silenzi. Fino all'episodio più spiacevole, una richiesta di arbitrato (regolarmente contemplato dallo statuto), in relazione a un messaggio che non era stato fatto passare in lista e un esito di giudizio che viene bellamente ignorato.
Sono retroscena che mettono tristezza e rendono ancora più penoso ripensare ai tempi in cui il "radioascolto" era un'attività incredibilmente variegata e premiante. Nella prima metà degli anni 70, quando a causa di un trasloco mi ritrovai nella mia ampia camera di figlio unico l'ingombrante radiogiradischi di famiglia - un baraccone dopoguerra della Blaupunkt - le voci e i suoni che gracchiavano dall'altoparlante sintonizzato sulle onde corte mi attirarono subito. Non molto tempo dopo quel trasloco trovai in una libreria di Milano una copia del World Radio & TV Handbook del 1974 e il dettagliato elenco di stazioni e frequenze ben ordinato per continente e nazione determinò un contagio immediato e definitivo. Erano anni culturalmente diversissimi, la nostra relazione con il mondo passava per le scarne pagine estere dei quotidiani (sono scarne anche oggi, figuriamoci allora) e per le notizie di telegiornali tristissimi, fatti di tante parole, fotografie sullo sfondo e qualche raro filmato di repertorio o reportage. Nella sua capacità di riversare volumi impensabili dei contenuti più disparati, le onde corte sembravano un mezzo magico, quasi miracoloso. Tanto che in seguito l'avvento di Internet non fu poi così sconvolgente per molti di noi. Insieme alla scoperta della radio a lunga distanza ricordo che per me ce ne fu un'altra: le tante persone che condividevano la stessa passione. A parte forse quelli che appartenendo anche alla famiglia dei radioamatori potevano scambiarsi notizie e impressioni direttamente via radio, per chi come me ascoltava soltanto non c'era altro modo di entrare in contatto con i colleghi se non francobolli e buste. Tutto quello che ascoltavamo veniva puntualmente registrato su un diario e quei diari servivano per segnalare agli altri le novità più interessanti, con le lettere e le occasionali telefonate di un'epoca in cui la teleselezione costava cara.
Come per ogni altro hobby o attività ludica o professionale, anche la radio aveva le sue brave forme di aggregazione. I club di "radioascolto" avevano una funzione importante nella condivisione della conoscenza radiofonica e nella disseminazione delle notizie sulle emittenti che si potevano ascoltare nei vari periodi dell'anno, in base alla spiccata stagionalità e ciclicità della propagazione. Spesso i gruppi di appassionati producevano pubblicazioni regolari, che potevano essere un semplice foglio ciclostilato o una più strutturata "fanzine". E in genere a livello nazionale venivano costituite federazioni di gruppi o associazioni di gruppi, capaci di raggiungere con i loro iscritti una buona massa critica e produrre attività divulgative, convegni, pubblicazioni semiprofessionali. Anche il radioascolto italiano si dotò delle sue associazioni locali e di organizzazioni che potessero intervenire a livello nazionale. In effetti continua ancora ad averne una fondata appunto una trentina d'anni fa con il nome non troppo fantasioso di "Associazione Italiana Radioascolto": una entità costituita nei primi anni '80 in sostituzione di altre che erano naufragate anche a causa, indovinate un po', della marcata litigiosità dei loro soci.
Oggi la ragion d'essere di quelle organizzazioni è venuta sostanzialmente meno. Internet e i social network sono tutto il collante che serve per mantenere un continuo contatto tra gli appassionati di radio. Il carattere ormai iperspecializzato dell'hobby e la totale mancanza di ricambio generazionale sono due fattori che hanno vanificato il ruolo delle associazioni nelle attività di promozione e divulgazione. L'attuale attivismo radiofonico riguarda quasi esclusivamente persone molto esperte, le discussioni sono tecniche e interdisciplinari, avvengono su mezzi che rifuggono a ogni forma di controllo centralizzato. In questo Internet e la radio si somigliano, quando sono costrette a seguire copioni troppo rigidi avvizziscono, diventano noiose.  In uno scenario di generale calo di interesse, è difficile accettare che una entità storica e aperta come l'AIR debba affrontare il necessario cambiamento con uno stile molto poco "social" che ricorda piuttosto le infinite beghe tra le sottocorrenti di un partito minoritario e sembra ispirato a una controproducente volontà di rottamazione. Non dico che associazioni come l'AIR non possano più avere una funzione, ma in questo modo tutta la positiva discussione sulle tematiche che pure potrebbero ancora interessare un numero non trascurabile di hobbysti, finisce per passare in secondo piano rispetto a una conduzione autoritaria (e per questo anacronistica) che soffocando il dibattito rischia solo di abbattere il livello qualitativo di ciò che rimane. La "macchina" sembra funzionare bene, ma la calma finisce per diventare noia.
Ma forse è tutto nella natura delle cose quando le trasformazioni necessarie e gli sviluppi futuri vengono travisati perché non si ha un'idea precisa di che cosa ci fosse prima.
Cari Amici, cari soci e simpatizzanti appassionati della radio. Pensate, sono già passati ben 30 anni da quando abbiamo fondato l'AIR !Intanto vorrei fa­rvi avere un cordiale saluto e un ben ritrovati a tutti voi.Mi sembra ieri, quando, con difficoltà e con molto impegno, abbiamo affrontato l'avventura della fondazione dell'AIR: è difficile immaginare quanti mezzi, tempo e risorse abbiamo messo in questa impresa! Convinti di stare facendo qualcosa di utile e necessario, in collaborazione con tanti amici, tutti accomunati da questa passione per la radio.
Difficile immaginare, allora, che alcuni di loro ci avrebbero lasciati tanto prematuramente, lasciando in noi una vena di tristezza, ma rafforzando però il desiderio di proseguire il loro gusto per l’'hobby del radioascolto e, perché no, per l'’Associazione.C’è voluto quindi tanto impegno ed è stato bello, percorrendo quella strada, avere incontrato e conosciuto tanti nuovi amici e  colleghi, che si sono man mano associati all'AIR per condividerne le sorti e spartito con noi la comune passione per il radioascolto. Un saluto soprattutto a quelli che si sono impegnati negli anni e che si sono fatti in quattro per far progredire l’associazione: grazie a tutti, siete stati bravissimi e tutti abbiamo apprezzato la vostra collaborazione. 
Passando gli anni, si è trasformata anche la tecnologia, che si è evoluta, proponendo nuove soluzioni, sia per la gestione della nostra Rivista e sia per la pratica dell'’hobby, che si è evoluto e modificato. Forse in parte ha perso un poco del suo fascino iniziale, ma la caccia, la ricerca e l'ascolto difficile delle stazioni lontane continua a tenere in vita questa originale attività. Il nostro hobby ha saputo adeguarsi ai nuovi tempi superando gli ostacoli che si sono presentati. Lo stesso è stato per l'AIR, che, anche se con notevoli sforzi organizzativi, sta superando le novità che si sono imposte con il rinnovamento di Radiorama e delle altre pubblicazioni. 
Grazie quindi a tutti, in particolare a quelli (e sono tanti) che si sono dati da fare in tutti questi anni e in silenzio hanno lavorato, anche nell’'ombra, per una Associazione che, non pare vero, ha resistito con meritevole impegno alle novità sopraggiunte.Quindi la mia lettera vuole essere un ringraziamento in particolare per quelli che, defilati, hanno lavorato per l’'Associazione: grazie, colleghi! Però la mia lettera vuole anche essere un addio a tutti voi, a quelli che credono in una certa idea di condotta, di tolleranza e di disponibilità.  
Mi vedo costretto con questa mia a rassegnare le dimissioni da Presidente onorario dell’'AIR. Da parte mia non è più possibile continuare a fare, inutilmente, discorsi seri ed etici in un'ottica di correttezza come era sempre stato negli anni. Come parte di voi già sa, sono stato chiamato dal Tribunale di Roma a ricoprire l'incarico di Presidente di un Collegio Arbitrale per dirimere una questione richiesta da un socio dell'AIR, ai sensi del nostro Statuto, nei confronti di un altro socio. Ho presieduto quindi questo Collegio nell'’istruttoria, sentendo le tesi del socio M. che aveva chiamato in causa il Presidente dell’'Associazione, avvocato V. Abbiamo approfondito con i colleghi del Collegio arbitrale tutte le tesi, che ci hanno costretto ad una fatica improba, con un dispendio di energie e di soldi, ma con assoluta imparzialità. Quando però poi abbiamo deliberato, su indicazioni del Tribunale di Roma, di condannare e di censurare l’'operato del presidente V. nei confronti del socio  M., lo stesso Presidente ha ignorato la sentenza e il lodo del Collegio arbitrale: non lo ha neppure considerato. 
Ecco il perché delle mie dimissioni di fronte a tanta insensibilità e sicumera, per cui ho deciso che non è più il caso di continuare a convivere in un'Associazione come la nostra. Mi piange il cuore, ma il mio ruolo in questa Associazione non ha più ragione di essere. Il mio era un ruolo “ombra”, ma avendo fondato l'AIR con altri baldi e intrepidi giovani, ora, allo stato delle cose non mi sento più partecipe. Grazie della vostra attenzione e buoni ascolti. 

Manfredi Vinassa de Regny 20 novembre 2013