30 settembre 2006

Hamradio, ma che modi


Che rapporto c'è tra i DXer delle bande radiodiffusive e i radioamatori - "quelli che trasmettono"? Dipende dai reciproci interessi. Può capitare che le due categorie di hobbysti si parlino poco. Non mancano casi però di scambio più o meno intenso, con radiomatori che indulgono volentieri nell'ascolto a lunga distanza, ascoltatori puri che addirittura si focalizzano solo sulle bande radioamatoriali, molti che si fanno prendere dal virus della radio ascoltando e finiscono per conseguire la patente per l'esercizio di una stazione ricetrasmittente. Con Internet questo dialogo più o meno diretto si è intensificato e io, che non ho mai dedicato troppo tempo al monitoraggio delle attività dei cosiddetti OM (old man, come si definiscono tra loro i radioamatori), amo molto seguire le sperimentazioni dei miei colleghi nel dominio delle trasmissioni digitali, dei modi a bassa potenza e più in generale dello studio della propagazione.
Oggi un quota importante delle ricerche radioamatoriali si svolge in ambito SDR, Software Defined Radio o nelle modalità trasmissive digitali. Per esempio esiste una versione radioamatoriale del DRM e molti modi per la ricetrasmissione testuale/visuale sono stati sviluppati da e per i radioamatori (recentemente ho inserito un po' di link al proposito nella mia "left column"). I progetti SDR sono forse il caso più interessante, che testimonia una vitalità ancora forte di un hobby che per altri versi, come il radioascolto, attraversa una crisi vocazionale. Dal digitale, diversamente da quel che accade per chi ascolta e basta, i radioamatori stanno ricavando parecchi impulsi di rinnovamento, una piccola speranza per il futuro delle loro atività, colpite anch'esse dallo scarso ricambio generazionale.
Un progetto recentemente segnalato nel gruppo di lavoro HPSDR, ambiziosa piattaforma per un ricetrasmettitore digitale universale, è l'SDR preso dal punto di vista del "packet radio", una modalità trasmissiva che se non sbaglio si era ispirata al protocollo delle vecchie reti a pacchetto a standard X.25, antesignano delle reti IP. HamHUD rappresenta una evoluzione del packet radio nella mobilità, quindi interessa le bande radioamatoriali fuori dalle classiche onde corte, VHF, UHF e oltre. HUD, Heads-Up Modbile Digital è una sorta di hub per comunicazioni packet dedicato alla versione più attuale di questa modalità, l'APRS, Automatic Position Reporting System. Creato nel 1992 dal radioamatore Bob Bruninga, APRS è un complesso protocollo per la visualizzazione di informazioni di posizionamento. Semplificando molto, mi pare di capire che rispetto ai primi network di packet radio usati per lo scambio di messaggistica, posta elettronica e file, APRS, integrando informazioni di tipo geografico e visuale, ha una ambizione ancora più estesa: quella di visualizzare in qualsiasi momento, attraverso una interfaccia evoluta, la posizione dei radioamatori che partecipano al sistema e, ancora più importante, la mappa delle risorse radio (ripetitori e quant'altro), insieme a informazioni di tempo, emergenza, disaster management... Insomma, un discorso affascinante. HamHUD è un dispositivo mobile dedicato che integra APRS, GPS posta elettronica Winlink e altre tecnologie per visualizzare tutte queste informazioni attraverso una interfaccia integrata collegata alle ricetrasmittenti veicolari o portatili. Ora il gruppo di coordinamento del progetto starebbe lavorando alle generazioni successive alla attuale, HUD II e molte di queste novità si riferiscono all'approccio SDR. Staremo a vedere.
Visto che siamo nel contesto giusto, mi sembra giusto accennare a un altro risvolto, quello dell'integrazione delle comunicazioni radioamatoriali dirette o mediate da sistemi di uno o più ripetitori interconnessi con il mondo di Internet. I ponti radio amatoriali non sono una novità per le comunicazioni voce sulle frequenze "non ionosferiche". Per effettuare collegamenti a lunga distanza dalle VHF in su, gli OM si servono da tempo di ripetitori analogici. Una mappa interattiva dei ripetitori oggi in funzione in Italia, il progetto RepeatersMap, è stata realizzata con il sistema Google Maps da Andrea De Benedictis. Da qualche anno a questa parte, oltre alla voce viene però utilizzato anche il Voip, utilizzando il backbone di Internet per collegare tra loro ripetitori opportunamente interfacciati a stazioni radioamatoriali computerizzate.
Il Voip linking consente in pratica di mettersi in contatto con un ripetitore vocale con il proprio ricetrasmettitore e di collegare virtualmente questo ripetitore, passando attraverso Internet, con altri ripetitori anche molto distanti. Alcuni sistemi permettono addirittura di partecipare a tali infrastrutture miste Internet/radiofrequenza con un semplice pc, senza alcuna radio a disposizione.
Nel corso del tempo l'idea si è articolata in tre sistemi principali, EchoLink, ILRP, Internet Radio Linking Project e eQSO, ben descritti in questa pagina di Antony Langdon, inventore di iLink, il predecessore di EchoLink. Sono in corso persino diversi progetti di armonizzazione che cercano di integrare questi tre protocolli, non direttamente compatibili tra loro, con sistemi "ponte". Lo scopo dell'integrazione è quello di dar vita ad applicazioni come Voipwx, Voip Skywarn/Hurricane Net, un sistema di comunicazione digitale integrato che sfrutta i ripetitori e le postazioni radioamatoriali mobili per offrire canali di comunicazione d'emergenza in caso di disastro naturale. Voipwx si appoggia sui ripetitori e i protocolli Echolink e IRLP per trasmissioni voce e dati.
Un ultimo richiamo per gli esperimenti riguardanti l'uso radioamatoriale delle porzioni di spettro allocate al Wi-Fi, lo standard di rete Ethernet senza fili. I radioamatori cercano (là dove la normativa lo consente) di modificare i dispositivi Wi-Fi commerciali per utilizzare frequenze e potenze diverse, con obiettivi diversi, dallo sviluppo di reti packet radio a spettro diffuso (cioè con le modulazioni tipiche del Wi-Fi) alla realizzazione di hotspot capaci di garantire l'accesso a Internet in situazioni di emergenza. Diverso materiale al proposito si trova sul sito del gruppo Green Bay Professional Packet Radio ma la risorsa italiana di riferimento è quella del radioamatore sardo Roberto Abis.

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Libro di bordo per DXer "utilitari"

«Volevo segnalare - scrive Andrea Russo - che ho aggiornato il programma Radio Log Utility da me sviluppato per conto dell'AIR - Associazione Italiana Radioascolto. Ho aggiunto nella lista dei codici ITU i nuovi codici per la Repubblica di Serbia e per la Repubblica di Montenegro.» I programmi di Andrea sono disponibili sul sito personale dove troverete diverse informazioni sul DRM (in qualità di programmatore indipendente Andrea partecipa al gruppo open source che lavora su tale standard) , tra cui una piccola libreria di segnali registrati digitalmente. I file si possono "aprire" con il software DReaM, che li decodifica e li riproduce, consentendo così di farsi un'idea sulla qualità della radio digitale anche senza attrezzature per la ricezione. Infine, c'è una sezione che raccoglie gli archivi degli ascolti del Radiorama Report, l'elenco di tutti i gli ascolti riportati nell'arco delle recenti annate della rivista ufficiale dell'AIR, Radiorama, con un programma Windows e Linux (con Wine) che permette di visualizzarli e ordinarli.

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I quaderni degli spioni

Ci son voluti tre anni perché le richieste di Michael Ravnitzky fossero accolte e la National Security Agency aprisse i suoi schedari sugli indici di alcune pubblicazioni tecniche dedicate alla crittologia. Secondo il (vero) superesperto in sicurezza digitale Bruce Schneier, molte pagine della storia di questa affascinante branca della matematica adesso potranno essere completate o riscritte. L'argomento crittografia ha una certa importanza nel mondo della radio perché una discreta percentuale delle comunicazioni rradio, terrestri e satellitare, viene criptata. In senso ancora più generale, anche la televisione satellitare a pagamento viene criptata, ma nell'ambito di certe specializzazioni dell'hobby della radio codici e cifrari sono questioni molto discusse e analizzate. Forse l'esempio più eclatante di trasmissione criptata è quello delle number station, quelle con le misteriose sequele di numeri o lettere comunemente interpretate come il traffico da e verso gli agenti "sul campo" dei vari servizi di informazione e controspionaggio.
Personalmente trovo la disciplina della crittologia affascinante e cerco nel mio piccolo di documentarmi, leggendo testi di storia e, ove possibile, di teoria. La notizia degli indici NSA, apparsa sul blog di Schneier, è stata subito ripresa da Slashdot.org e dal gruppo di discussione utilitario (ricordo che con il termine utility Dx si tende a indicare tutte le comunicazioni non broadcast o radioamatoriali che si possono intercettare in particolare sulle HF) UDXF. Che cosa è successo esattamente? Ravnitzky ha presentato alla NSA una richiesta FOIA, Freedom of Information Act, per la declassificazione di informazioni un tempo secretate. Negli Stati Uniti la legge che sancisce la libertà di informazione prevede anche una normativa per cui ogni singolo cittadino può chiedere di accedere a documenti e informazioni riservate. Gli enti federali che ricevono tale richiesta, come la NSA adesso, sono obbligati a ottemperare, immagino in base a precisi criteri di declassificazione. Per gli storici tradizionali e gli storici della scienza è una opportunità preziosa per entrare in molti archivi chiusi al pubblico, che la dice lunga su una democrazia che pur ricorrendo spesso a volentieri a metodi discutibili, cerca se non altro di stabilire qualche contrappeso, dando alla pubblica opinione qualche chance di stabilire la verità se non proprio di correggere o rimediare agli errori di superiori e governanti.
Tra le curiosità che si segnalano nella lista dei documenti ex-classificati ci sono anche misteriosi titoli sulle comunicazioni con gli extraterrestri, che hanno scatenato la fantasia dei primi commentatori. In realtà si tratterebbe di teorie su "come", con quali codifiche e linguaggi, quali contenuti impostare tali ipotetiche comunicazioni. La NSA aveva già reso noto uno di questi articoli in passato.



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29 settembre 2006

Contenuto mio non ti conosco

Due riflessioni articolate ieri da Jonathan Marks nel suo provocatorio intervento al Prix Italia di Venezia mi hanno colpito molto. Devo averle covate questa notte ed ecco il frutto di questa inconscia rielaborazione. Uno dei punti deboli della radiofonia attuale, ha detto Marks, è il fatto di essere così diffusa tra le automobili senza riuscire a dare al guidatore una opportunità fondamentale: registrare i programmi. L'altra riguarda l'aspetto delle guide elettroniche, il modo più giusto per dare accesso a una produzione sterminata di contenuti che via radio o con la intermediazione di Internet sarebbe possibile consumare. Jonathan a un certo punto ha proclamato: «A me iPod non piace, mentre trovo bellissima l'idea e l'interfaccia di iTunes.»
Entrambe le questioni hanno un risvolto tecnologico che in teoria si può risolvere con relativa facilità. Molte radio DAB oggi vendute e anche i nuovi ricevitori DRM presentati all'IFA di Berlino dispongono di slot di memoria SD per registrare direttamente e riascoltare i flussi digitali. Il conseguente risvolto non piace alla comunità dei podcaster e degli internettari in generale ed è l'"altro" DRM, il digital rights management. Si sa per esempio che uno degli ostacoli alla piena disponibilità della programmazione di un broadcaster pubblico o privato nei formati podcast è proprio la questione dei diritti. Sacrosanta in un contesto in cui produrre contenuti di qualità, signori miei, costa e qualcuno tali costi dovrà pur sobbarcarseli, soprattutto a tutela di chi non potrà mai fare grossi numeri di audience. La "nuova" radio dovrà affrontare il problema e i suoi fruitori dovranno probabilmente accettare molti compromessi. Dovranno abituarsi a forme di pay radio anche terrestre, ad avere a che fare con il contenuto in modalità un po' meno immediate (ma il più possibili semplici e trasparenti, vi imploriamo!), più partecipative, ovviamente più critiche.
A un certo punto rischiamo tuttavia di andare incontro a situazioni alla iTunes, a contenuti pay che saranno disponibili attraverso una piattaforma crossmedia ma che non saranno immediatamente accessibili da piattaforme diverse, esattamente come oggi il negozio iTunes è solo in parte compatibile con altri basati su tecnologie di distribuzione e DRM (versione "rights") diverse. La questione dell'interoperabilità, nel digitale, si pone in modo assai più drammatico che nell'analogico e come ben osservava Sylvain Anichini nello stesso convegno veneziano gli ascoltatori della radio *sono* analogici, di certi blocchi e barriere non ne vorranno sapere. Bisognerà anche in quel caso arrivare a qualche accordo, a un sistema di scambio che tuteli gli interessi di tutti ma che faccia in qualche modo da ponte tra piattaforme commerciali concorrenti. Un po' come, non so se ricordate, il famoso decoder unico per la tv digitale satellitare (purtroppo risolto dall'avvento di un operatore unico).
In Italia c'è un gruppo no profit di esperti e tecnici che sta studiando da un anno la questione della interoperabilità dei sistemi di protezione dei diritti. Il gruppo, Digital Media in Italia, è frutto dell'iniziativa personale di Leonardo Chiariglione, grande personalità della cultura ingegneristica digitale in Italia e considerato in tutto il mondo come il papà di MPEG. Proprio in questi giorni Dmin.it pubblica la sua prima proposta per uno standard aperto di interoperabilità, teso a favorire lo sviluppo di una industria mediatica digitale italiana sana e aperta a operatori e content provider grandi e piccoli. Potete leggere il testo della proposta e molti commenti autorevoli sul blog di Stefano Quintarelli, Quinta's Weblog. Sull'argomento dei media digitali all'incrocio tra questioni tecniche, normative e legali è forse l'osservatorio più aggiornato del momento.

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Venezia, Programmi da Grand Prix

La convegnistica, al Prix Italia, è solo un gradito collaterale. Gran parte dei convenuti in questi giorni a Venezia sono delegati delle radio pubbliche di tutto il mondo che discutono del loro lavoro e selezionano i migliori programmi radiofonici e televisivi prodotti nell'anno trascorso. In ogni sede del premio - nel 2006 il Future Centre di Telecom Italia nei chiostri della chiesa di San Salvador (è un Future Centre di un operatore telefonico senza connettività Wi-Fi, buffo) - c'è una stanza con tanti scaffali di metallo. Su questi rack giurati, addetti e giornalisti accreditati trovano sempre la documentazione sui programmi presentati, con schede di presentazione e, per i programmi radiofonici (dramma, musica e documentari), tutte le trascrizioni e le traduzioni.
Pur trascorrendo una buona parte del tempo con i cuffia segnali al limite dell'intelligibilità, io sono un grande estimatore della programmazione radiofonica. In genere è questo tipo di interesse che spinge il radioascoltatore internazionale e lo indirizza, a volte, verso il DX di stazioni locali. Le stazioni più difficili possono arrivare anche per pochi secondi, il tempo di un annuncio o di qualche dettaglio utile per l'identificazione. Ma in parecchie situazioni, per quanto debole, evanescente, disturbata, la trasmissione arriva in modo decente. Il godimento è doppio quando la lingua utilizzata risulta comprensibile: insomma, visto che ci piace la radio, di solito partiamo proprio dall'amore per i suoi programmi.
Ieri pomeriggio a Venezia ho fatto una capatina nella solita transcript room e mi sono portato via quattro testi in concorso. Un paio dalla Polonia, uno strano radiodramma di stampo beckettiano che a mio padre farà piacere leggere (io purtroppo devo accontentarmi del testo a fronte in inglese) e un reportage in tre lingue di Polskie Radio Bialystok sull'opposizione politica in Bielorussia.
Gli altri due documenti sono un radiodramma olandese sulle imprese di Lee De Forest, inventore delle valvole e grande pioniere della radio e del film sonoro. Il testo inglese è molto bello, ma online ho trovato ovviamente solo la versione originale in olandese prodotta per la Netherlands Programme Service. La drammaturgia prende spunto da un episodio preciso: la prima trasmissione di un opera lirica alla radio (Enrico Caruso dal Met, ça va sans dire), nel 1910, a soli quattro anni dalla prima trasmissione in assoluto, quella di Fassenden.
Infine il quarto, ha molto marginalmente a che fare con i Paesi Bassi. Il radio documentario No Dogs or Jews Allowed, è un saggio radiofonico sull'antisemitismo in America che fa parte di un grande affresco di programmi della Corporation for Public Broadcasting e la Radio Foundation interamente dedicato agli ebrei che da 350 anni vivono negli Stati Uniti. I primi furono 23 ebrei della comunità di Recife (sì in Brasile!) che cercarono di rifugiarsi a Nuova Amsterdam (sì, New York) e sulle prime non furono ben accolti da Peter Stuyvesants, allora governatore per conto dei primi colonizzatori olandesi. Stuyvesants scrisse alla Compagnia delle Indie occidentali per essere autorizzato a espellerli ma loro si appellarono e il permesso fu rifiutato. E' l'inizio travagliato (ai 23 non fu neppure concesso di costruirsi un Tempio) di una storia che fortunatamente dura tutt'ora, a New York e non solo.

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28 settembre 2006

The future of radio


Come un vero blogger. Finché dura la batteria, evidentemente. Inizio a scrivere queste righe in treno, mentre i flussi delle considerazioni assorbite nel corso dell'interessantissimo dibattito organizzato sul futuro della radio da Paolo Morawski (ufficio studi RAI) a Venezia, nell'ambito del Prix Italia (fantastico premio, tra l'altro, l'unico focalizzato sulla programmazione con una impressionante florilegio della produzione radiotelevisiva mondiale di qualità). Augusto Preta di ITmedia, Simon Nelson della BBC, il mitico Jontathan Marks del blog Critical Distance, Sylvain Anichini di Radio France, Francesco De Domenico della RAI, una breve nota finale di un altro consulente ItMedia, Albino Pedroia. Finalmente l'evoluzione della radio - che come ha osservato Anichini, diversamente da mamma tivvù la sua grande rivoluzione l'ha già avuta, diventando mobile con l'invenzione del transistor - analizzata con grande sintesi ma senza risparmiare spunti e soprattutto competente intelligenza.
Il problema della cascata di inchiostro fisico e digitale sprecata in questi ultimi due o tre anni a proposito dei nuovi "standard" digitali è che le danze sono state menate (è il caso di dirlo) dai soliti ingegneri. Ma è un po' come per il software e l'informatica. Le cose interessanti sono saltate fuori quando le sales people di IBM e Microsoft hanno ceduto la parola a chi il software lo fa e lo utilizza. Anche per la radio e il suo futuro, devono cominciare a parlare i programmatori, i producer e gli ascoltatori. Come ho già avuto modo di sottolineare in questo piccolo, marginale contesto, credere che per risolvere i problemi della radio - che ci sono, malgrado l'apparente ottimismo delle cifre - sia sufficiente applicare un bollino digital inside su una scatola è, bene che vada, da ingenui.
In un'ora e mezza, a Venezia, ho probabilmente ascoltato le cose in assoluto più sensate e utili che mi sono state dette in tutto questo tempo. Non ho sentito nessuno decantare le meraviglie del DRM, ma Simon Nelson è stato molto convincente sul ruolo del DAB nella strategia multiaccesso della BBC (tutti i contenuti prodotti accessibili attraverso qualunque piattaforma o dispositivo, incluso il soundtrack di BBC Radio 1 incastonato nell'ambiente virtuale del gioco-community onli di Second Life); Mason ha anche mostrato il nuovo telefonino, il Mobile Lobster, che Virgin Mobile con BT Movio presenteranno lunedì prossimo, il primo con ricevitore radio DAB e tv DAB-IP incorporato. Ho sentito Sylvain Anichini, vicedirettore generale di Radio France e co-promotore di un nuovo consorzio costituito per traghettare la radio verso l'era del digitale in Francia (su standard DAB plus), invitare la radio a riscoprire i suoi fondamentali, l'audio come killer application, la sua leggerezza e fluidità; e sottolineare che i primi risultati delle prove di televisione digitale sul telefonino sono false, che niente riuscirà mai a rendere la televisione mobile come l'ascolto della radio. Un parere espresso con tranquilla convinzione da Francesco De Domenico, secondo il quale il futuro della radio è outdoor, fuori dalle case, nel lentissimo traffico delle metropoli (è il pubblico in movimento che ha decretato il grande successo di Viva Radio 2, il movimento e la ricerca di nuovi talenti, perché innovazione, osserva giustamente Paolo Morawski, vuol dire anche quello).
Il tempo è stato tiranno con gli analisti di ITmedia, che con quindici minuti a disposizione hanno dovuto limitare il loro benchmark su scala europea a tre nazioni, relativamente omogenee tra loro: Italia, Francia e Spagna. Ne sono emerse alcune utili indicazioni, come la grande forza dell'informazione, il tramonto generalizzato del contenuto musicale generalista che dieci o quindici anni fa, e ancora di più agli albori dell'esperienza commerciale in Italia e Francia, era sembrata una panacea universale. Oggi uno dei problemi della radio è che i giovani la snobbano e il pubblico più fedele invecchia. «I miei figli non avranno la radio nel loro menu mediatico quotidiano se essa non saprà rinnovarsi radicalmente.»
Ancora più incisivo Jonathan Marks che si presenta come "radio insultant" affermando di credere più nei cross media che nella radio. «La radio ha cento anni di storia ma se non farà niente ha davanti a sé solo cento mesi di vita,» cannoneggia Jonathan nel suo impeccabile Dutch-English a mitraglia. Chi sopravvive alla sua prima raffica ha la fortuna di ascoltare una esposizione che svela i punti di forza e di debolezza della radio e trae le conclusioni con alcuni ficcanti suggerimenti. Non tutto quello che dice mi trova consenziente. Là dove Marks sbeffeggia la user interface della radio come qualcosa di "dumb", stupido, io la trovo mirabilmente semplice. Se per lui i siti Web delle stazioni sono inutili, io credo molto nell'interattività. Ma è assolutamente geniale nel suo appello a favore un Google della radio, nell'invocazione di una EPG (Electronic Program Guide) che sappia guidare milioni di ascoltatori verso una fruizione più immediata e consapevole di contenuti di cui quasi sempre ignoriamo l'esistenza. Marks manifesta un autentico entusiasmo per la sua esperienza di consulente per le comunicazioni di emergenza (andate a guardare il Wiki della sua associazione Broadcasters without Borders) delle emittenti comunitarie africane, ma secondo me non si rende troppo conto che il suo suona come un nostalgico omaggio alle prime esperienze radiofoniche di quello che era tutto il resto del mondo prima di diventare ricco e "occidentale". Alla fine, chi ha veramente parlato di radio del futuro, o almeno di una sua possibile, magari fallace articolazione, è Simon Nelson con una sintetica presentazione delle linee verso cui la BBC ha deciso di puntare per quella che anche Aichini chiama evoluzione della radio. Nelson esorta a fare propri i contenuti dei podcaster, a insegnare - prendendo a esempio il dialogo che la stampa scritta sta instaurando con i blogger - agli ascoltatori a interagire, a trasformare la radio in un medium bidirezionale. Una bella, appassionata lezione.
Un grande pomeriggio di parole dense, che Radio Rai avrebbe fatto bene a trasmettere in diretta. Io l'audio l'ho registrato con i mezzi del DXer e del podcaster, in Mp3, senza microfoni minimamente professionali. Al momento è un file molto corposo, che spero di riuscire a ridurre senza grossi sacrifici su una qualità già precaria. Ma intanto potete già trovarlo nella solita area file. Buon ascolto.

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27 settembre 2006

Radioamatori, parte la nuova banda MF


Si segnalano già le prime trasmissioni nella banda sperimentale radioamatoriale dei 600 metri (intorno ai 500 kHz). Le prime licenze sono state concesse negli Stati Uniti, dalla ARRL, le prime licenze. Sulla pagina ufficiale dei pionieri della nuova banda, http://www.500kc.com/ risultano già 23 stazioni attive. Dall'Oregon, N6LF segnala ai gruppi di discussione americani l'inizio di attività in modalità beacon (sui 500 kHz sono possibili solo CW e PSK31) su 506 kHz tra le 01 e le 04.30Z con identificativo continuo "VVV VVV VVV VVV VVV DE WD2XSH/20 WD2XSH/20 K". Non si sa se con velocità lenta stile QRSS o normale. Alcuni OM sono operativi anche sulla costa est. Le frequenze sono praticamente quelle dei radiofari, anzi, quelle delle onde medie basse, dove è possibilissimo sentire qualcosa di broadcast (penso al Canada su 590 kHz). Ma le potenze in gioco sono minime, solo 100 watt in antenna. Sicuramente è possibile esplorare la banda con strumenti visuali, tipo software di analisi spettrografica. Per lo studio della propagazione sono esperimenti molto interessanti, perché la zona dello spettro è libera da interferenze broadcast europee. Siamo in prossimità della freqeunza Navtex 518 e qui molte vecchie stazioni marittime hanno spento.

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Cent'anni di IRC

Per rispondere a un lettore di RP ho fatto su Internet una scoperta di carattere filatelico. L'Unione Postale Universale ha introdotto pochi mesi fa una nuova versione dei Buoni Risposta Internazionali, altrimenti noti come IRC, che nel 2007 compiono esattamente cent'anni (l'invenzione risale in realtà al 1906, durante il Congresso di Roma dell'UPU). Le poste italiane hanno cominciato a vendere i nuovi esemplari da settembre, spiega un bell'articolo del sito Philweb. I buoni risposta sono, anzi erano, visto che i nuovi sono grigi - foglietti giallini che i DXer conoscono bene. Inseriti in busta insieme ai rapporti di ascolto, questi foglietti possono essere scambiati, in quasi tutti gli uffici postali del mondo, per i francobolli necessari per l'invio all'estero dell'agognata "conferma di ricezione" o, come si dice in gergo radioamatoriale, lettera o cartolina QSL. In altre parole, con il coupon il DXer regala alla stazione che riceve il suo rapporto d'ascolto un piccolo rimborso a coperture delle spese di affrancatura da sostenere. Un gesto di cortesia che un tempo poteva significare molto. In passato le emittenti internazionali ricevevano moltissimi rapporti di ricezione. E quelle locali spesso si trovavano in oggettive difficoltà economiche, al punto che anche una semplice affrancatura per l'estero poteva pesare sui bilanci. Oggi non è che queste situazioni siano superate, anzi. Ma le lettere spedite sono diminuite, insieme agli ascoltatori. E i rapporti di ricezione che vengono inviati alle emittenti locali spesso e volentieri vengono accompagnati direttamente da qualche biglietto da un dollaro, ineleganti ma più graditi. Il resto della corrispondenza e dei contatti con le stazioni avviene ormai via posta elettronica.
Ma i buoni risposta si vendono ancora e alcuni continuano a utilizzarli per contribuire alle spese di spedizioni delle QSL richieste. La nuova versione introdotta quest'anno è stata disegnata da un giovane grafico di Kiev e mostra le famose dita dipinte da Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina. Il valore filatelico di questi rettangolini di carta è ancora discutibile, ma da quello che ho visto un po' di mercato c'è. Nella memoria storica di chi ascolta le emittenti lontane sono il simbolo di un hobby che riscuoteva un certo successo e che prima di Internet faceva leva esclusivamente sul sistema postale, sia per i contatti con le stazioni (nei primi tempi ricevevo chili di posta, quando le varie emittenti internazionali ti inondavano ancora di opuscoli e schede dei programmi), sia per lo scambio di informazioni. Con i buoni risposta, ricordo, si pagavano anche gli abbonamenti alle numerose fanzine ciclostilate di vari club e associazioni di ascoltatori. Preistoria, se penso a Paypal.

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26 settembre 2006

Death of radio? Not good

Per chi lo conosce dai tanti anni di militanza nella pubblicistica informatica e per i suoi manuali sul personal computer (sin dai tempi del DOS), John Dvorak non è uno che ama usare troppe metafore. Sull'ultimo PC Magazine, il giornalista e scrittore spende il suo nome così musicale (Antonín Dvořák sarà stato un parente?) per suonarle a una industria radiofonica che non si accorge di un fatto increscioso oltre che epocale: la radio sta morendo.
Da bravo informatico, John ha capito molte cose prima di altri. L'assassino non è la presunta cattiva qualità di modulazioni e frequenze "obsolete". Ma il classico maggiordomo inteso proprio come "server": Internet con annessi e connessi, podcast e compagnia cantando. In una parola, il broadcasting sta soccombendo di fronte al narrowcasting, alla miriade di stazioni ultrapersonalizzate che chiunque può mettere insieme con un player MP3 da quattro lire. Dvorak esordisce scrivendo paro paro ciò che un italiano di bocca buona ma efficace tradurrebbe con "il problema è che la radio fa cagare". Troppe, anzi troppo poche corporation che controllano la quasi totalità delle stazioni facendo una programmazione nazionale che "fa schifo". Battibecchi mattutini, tirate di estrema destra da Rush Limbaugh & C e noiosissimi dibattiti da bar sport. Ecco i tre soli ingredienti di una radiofonia che ha tradito la sua invenzione più efficace, i format tematici, e dalla quale stanno fuggendo un po' tutti, per andarsene sul satellite o sui contenuti autogestiti. Il discorso si applica solo agli Stati Uniti, direte voi. Balle. Accendete sulle varie Piattinette rauche e le Uanstescionuannescion dell'ultimo "grande successo" discografico che dobbiamo sorbirci dal circo radiofonico nostrano e avrete più o meno lo stesso brodo, solo su scala più ristretta (per il circo televisivo basta sostituire con "talk show" e "reality"). Credere che per invertire la rotta sia sufficiente appiccicare sulla baracca un bollino "digital inside" è da idioti. Del resto solo degli idioti potevano inventarsi una radio (e una televisione) di questo genere.
Leggetevi fino in fondo l'editoriale di Dvorak perché la verità sta nella coda ed è pazzesco che a proclamarla non sia un sociologo o un critico letterario, ma uno che ha cominciato scrivendo delle magagne di MS-DOS. La morte della radio fa paura perché andando verso la distribuzione su IP, è inevitabile che le possibilità di controllo da parte di maggiorenti e governi diventino più concrete e minacciose. Lasciate stare che il podcasting assomiglia tanto alla radio delle masse, dal portinaio al postdoc. La questione vera, che dovrebbe saltare così evidente agli occhi di chi assiste attonito alle conferenze stampa dei Tronchetti, Murdoch e Berlusconi è: ma chi controlla 'ste benedette infrastrutture di distribuzione, i cavi e o le onde di Wi-FI e generazioni successive? Guardate un po' come scodinzolano i "colossi" dei contenuti IP come Microsoft e Google, davanti alle "vaghe pressioni" della casa regnante cinese. Le radio americane hanno rappresentato il diritto a una informazione libera da condizionamenti governativi. Quando saranno spente chi raccoglierà il testimone? I blogger appesi, letteralmente, a un filo? Auguri vivissimi.

The Death of Radio

Over the weekend, a story appeared about various shortwave-radio towers along the Spanish Costa Brava being blown up. Obviously, they were no longer needed or wanted. Even YouTube has a clip showing the Voice of America towers near Munich, Germany being destroyed. The article, which ran in the International-Herald Tribune and elsewhere, reminisced about the short-lived shortwave radio era that begin with the first installation in Eindhoven, the Netherlands, by Philips in 1927. It was used so the folks working in the Dutch East Indies could get their daily dose of local news and feel connected.
Shortwave evolved into a clever technique to broadcast beyond borders, because the signal essentially bounces like a basketball between the Earth and the ionosphere for unimaginable distances. Apparently, this technology is no longer needed. I suspect that whatever is left of shortwave will be relegated to fringe use, mostly by missionaries and the underappreciated amateur/ham radio community.
What's overlooked in all this is that it's not just commercial shortwave that is over. Commercial radio itself is under the gun. It's no coincidence that the shortwave era is ending with the advent of podcasting. Podcasting is a much bigger threat to normal radio than it is to shortwave. In fact, radio is being assailed from every angle you can imagine. Why? Perhaps I should get to the point here: Commercial radio sucks. Seriously. It genuinely stinks. It has been deteriorating since the 1980s and now is just dreadful.
First of all, the models have changed. Too many large corporations own too many stations, and they do plain-vanilla national programming, hoping to maintain their investment. This has resulted in few music stations worth listening to, since the music is generally bad and not a reflection of current tastes. Because of this, various personality shows and talk shows have taken over the airwaves. There are various models, but the three that seem to dominate are the "morning zoo," "conservative talk radio," and "sports talk."
The morning zoo is the worst of the group. It's essentially a bunch of goofballs ripping on each other for 3 to 4 hours in the morning during drive time. Within this model, there is a lot of sophomoric news commentary. Conservative talk radio was invented by Rush Limbaugh when the federal Fairness Doctrine—which required radio stations to give people who disagreed with political opinions broadcast on the air a chance to respond—was repealed. Now there are dozens of cloned national and local personalities all bitching about "liberals" and how they've ruined the country. And finally, there are also dozens of national and local radio personalities who moan and groan about sports and the results of recent games.
I should probably also mention my biggest complaint about radio: incessant commercials. There are too many of them, and they continue for too long. I change the channel immediately during a break, but because so many shows are so similar, they all use a similar clock. The "clock" is a model based on an hour which carefully divides the show up into segments and positions the commercials at certain points. Too many are identical. So you hear 5 solid minutes of commercials, for example, beginning at 20 minutes after the hour. The hour probably has at least 20 total minutes of commercials.
Because of this narrow range of programming, commercials galore, and the miserable music stations, the door was wide open for an alternative to broadcast radio. Enter podcasting, with a worldwide audience of Internet users and a narrowcast model that works only in massive distributed markets. Thus a podcast such as the one I take part in, "This Week in Tech," can achieve an estimated 500,000-700,000 downloads and listeners. Having done local radio about computers myself, I can assure you that no such numbers are possible except through podcasting. Most specialty, narrowcasting radio is relegated to the weekends or college stations, where nobody cares about ratings.
Now the delivery mechanisms for podcasting, namely digital music players, are finding direct connections to the car radio. They thus bypass the radio itself for news, views, and information, all available from a huge palette of options. And many people who relish music programming have opted for satellite services such as XM Satellite or Sirius radio. Podcasting has not yet found a legal way to exploit music programming. When it does, the impact will hurt radio more than anything. Already people are listening to their own mixes rather than the radio.
Does anyone in radio see any of this as a problem? Maybe not, since many of the most popular radio shows are now available as podcasts. In many instances, there is no need for a radio version of these shows. The only sort of programming that radio can own is news reporting and traffic information. Years ago, I would have added interactive call-in shows, but these seem to be fading as the shows' hosts do most of the talking (incessantly, some would argue) nowadays.
Personally, I find these trends disturbing, since everything is gravitating toward Internet IP distribution, and as far as I'm concerned, this can eventually be more easily controlled by centralized governments than can broadcasting. Not good.



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25 settembre 2006

Your computer, our propagation

Girando - mi scrive Andrea Russo - alla ricerca di un sito dove si presente l'ultima versione di Dream ho trovato un programma molto complicato che permette di individuare l'area servita dai trasmettitori nel corso della giornata basandosi su un certo standard di calcolo chiamato REC533, e credo anche che faccia molto di piu'.
Il programma si chiama WPLOTF32 e lo si può trovare qui:

http://devel.der-schall.de/wplot.php

Non sono comunque andato in dettaglio sull'uso del programma. C'e' anche un manuale in pdf (non completo e di 278 pagine!).
La ricerca dell'ultima versione di Dream compilata e' dovuta al fatto che chi di solito metteva sempre l'ultima versione on line ha cambiato interessi e sono in pochi che vogliono correre il rischio di mettere a disposizione il compilato senza pagare i diritti mpeg e drm (sembra che chi ha i diritti per l'mpeg sia molto attento al pagamento della licenza e sia piuttosto aggressivo). Nel sito che ho indicato si trova anche l'ultima versione di Dream compilata.


Fantastico. Per spiegare meglio, WPLOTF32 riesce da quel che ho capito a tracciare i radiation pattern delle antenne dei broadcaster (i dati possono essere prelevati da ILG), in funzione dell'orario e delle condizioni di MUF. Molto, molto interessante. Il procedimento REC533 cui si riferisce Andrea e di cui si è servito Norbert Schall (data un'occhiata agli altri suoi programmi), fa parte di un pacchetto di procedure sviluppate in origine dall'NTIA/ITS per conto della VOA, per aiutare l'emittente a pianificare le sue trasmissioni. Esiste tutt'ora la possibilità di usare direttamente questo software VOACAP per effettuare previsioni propagative fatte in casa. Questa è una bella guida a VOACAP realizzata da un OM finnico.
Brutta notizia, per Dream precompilato, il software per la demodulazione del DRM ma anche di tutte le modulazioni analogiche con radio SDR. Sembra, mi scrive Andrea, che il link al sito brasiliano dove finora molti si approvvigionavano, non funzioni più o dia accesso a una versione non aggiornata. Quindi è molto utile il nuovo link al sito tedesco. Finché dura. Con Dream ci sono problemi di brevetti software (orrore!) e molti preferiscono non rischiare guai e multe.

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Onde corte (1927-20??) R.I.P.


Il risvolto curioso di questo ennesimo de profundis intonato sull'imminente fine delle onde corte è la totale assenza di ogni riferimento al DRM. Eppure Doreen Caravajal si è documentata benissimo, prendendo lo spunto dalla distruzione delle antenne di RFE/RL in Catalunya (siamo un po' fuori dalla cronaca, ma dev'essere perché nel frattempo il filmato dell'implosione delle antenne di Playa de Pals ha ha conquistato ampia notorietà su You Tube dove trovate un mucchio di filmati bellissimi su questa intestallazione). Ho trovato condivisibile, nell'articolo dell'International Herald Tribune, la dichiarazione di un funzionario dell'EBU, secondo il quale oggi è diventato difficile dire esattamente "che cosa" sia la radio: tra podcast, stream, multipli digitali terrestri e satellitari, da molte parti la radio arriva senza neanche passare per un apparecchio radio convenzionale. Dove Internet e satelliti sono una merce troppo preziosa, arrivano gli accordi stipulati tra i broadcaster internazionali e le locali in FM. Non il modello del grande broadcaster, a essere entrato in crisi (50 anni è la vita media dell'ascoltatore delle onde corte), ma il mezzo, che costa troppo ed è diventato molto meno capillare. L'autrice sembra quasi implicare che un eventuale passaggio al digitale non servirà a una beata fava. Su questo punto potrei essere d'accordo, ma sarà tutto così grigio l'orizzonte delle onde corte? Guardandomi un po' in giro ho trovato alcuni articoli interessanti su Unesco Courier del 1997, fortunatamente indicizzato e salvato in formato testo su Findarticles di Looksmart.com. Oltre a una timeline concisa ma molto completa sulla storia della radio e delle onde corte, è possibile trovarvi diverse considerazioni. Alcune po' ingenue a dieci anni di distanza, altre più lungimiranti. Io continuo a essere convinto che le onde corte sono un mezzo efficiente per raggiungere fasce di popolazione lontane dai grandi addensamenti di modernità e ricchezza, ma è evidente che altri strumenti stanno facendo continui passi avanti. Per i broadcaster di grandi dimensioni e ambizioni, è già arrivato il tempo di prendere le giuste decisioni sui rispettivi budget. Emittenti più regionali, non governative, religiose e private possono pensarla diversamente e andare avanti. Ma per quanto? Pensare che le onde corte si possano salvare con una progressiva digitalizzazione mi sembra azzardato, proprio alla luce delle considerazioni su una radio capace di travestirsi così bene. Fare concorrenza ad altri mezzi sul piano qualitativo è velleitario e al momento contraddice la funzione delle onde corte come strumento semplificato e "povero", almeno per gli ascoltatori. Forse bisogna cercare di rilanciare proprio su questa loro unicità, analogica o digitale che possa essere. Ma è una peculiarità comunque a rischio. Godiamocele finché possiamo.

Shortwave-radio era looks short-lived
By Doreen Carvajal International Herald Tribune
Published: September 24, 2006

PARIS Perhaps it is fitting that a 50-second video clip of an ear-shattering explosion of 13 shortwave radio antenna towers on the Spanish Costa Brava is getting viewers on the Web site YouTube. It took 32 pounds, or 14.5 kilograms, of dynamite to fell the massive antennas, which long relayed news from the United States to the former Soviet Union. But the most powerful force behind the demolition was the rapidly shifting landscape of radio, where listeners are migrating toward MP3 players, Internet radio and podcasting. The felling of the towers was the latest noisy outburst of a cost-cutting trend that is silencing the familiar and crackly shortwave voices that leap across the globe through the clear night sky in times of crisis and Cold War, tsunami and Thai coup.
In January, the Finnish public broadcaster YLE will end all of its shortwave broadcasts with the goal of saving money and diverting resources to online news services. Next month, Germany's public broadcaster, Deutsche Welle, will end its German-language shortwave broadcasts aimed at Canada and the United States. The Japanese public broadcaster, NHK, and the Korean Broadcasting System are also reducing shortwave services. The leading international broadcaster, the BBC World Service, is pursuing a diversification strategy that regards the future in stark terms. "Audience needs are changing and technology is moving rapidly," reads the news service's explanation of its strategy through 2010. "Shortwave is also declining at a fast pace and if we don't change, we will die."
Critics of the retreat warn, however, that shortwave is the most reliable communications medium of last resort. They point out that it can allow determined broadcasters to reach across borders even when repressive national regimes halt FM broadcasts, block Internet sites and jam television programming. "Shortwave does not respect boundaries and reaches the rich and poor," said Graham Mytton, former head of the BBC's audience research unit and now a media consultant. "Most international broadcasters think things are driven by technology, but not entirely. They're driven by politics and local media circumstances. Their mistake is they downplay shortwave because they're living in developed societies. But they don't go to rural areas like Nigeria, where everyone has a shortwave radio. "Smaller international broadcasters with more limited resources are phasing out shortwave entirely. Slovak Radio silenced its shortwave programming in July, and Swiss Radio International ended shortwave broadcasts two years ago to transform into an online news service, www.swissinfo.org.
In the meantime, all of the world's largest international broadcasters, from the United States, France, Germany, England and the Netherlands, are cutting back or reviewing precious resources devoted to shortwave radio. "The future of shortwave radio is quite clear," said Guido Baumhauer, director of strategy and distribution for Deutsche Welle, or DW, in Germany. "It's all going down when it comes to the consumers." With the average age of its shortwave listeners hovering at about 50, DW expects to save more than €10 million, or $12.78 million, a year by reducing shortwave services, according to Baumhauer, who said the money would be invested in other services like Internet radio and podcasting. The state-subsidized broadcaster is phasing out shortwave programs for North America and the Balkans and reducing daily transmissions of shortwave programs to 160 hours from 200. "In the U.S., if people are really into German they have so many other ways to get consumer information," Baumhauer said. "Considering the costs related to the transmission, there's no point in continuing."
The history of shortwave radio dates to 1927, when Philips Laboratories of the Netherlands transmitted shortwave broadcasts from Eindhoven to the Dutch East Indies. The BBC trailed behind with the founding of the BBC Empire Service in 1932. Shortwave radio provided a vital alternative voice in wartime Europe. Radio Oranje, for example, was set up in London after the German occupation of the Netherlands to broadcast uncensored news. Through the Cold War years, international broadcasters used shortwave to shout over the Iron Curtain. While held in his luxury villa during an attempted coup d'état, the former Soviet leader Mikhail Gorbachev listened to shortwave transmissions of the BBC and Voice of America. But after the Berlin Wall fell and new media forms flourished, there was less need for shortwave transmissions in developed countries. International broadcasters like RFI of France and the BBC started striking hundreds of partnership agreements with local FM stations to rebroadcast their programs with clearer sound.
With the advance of technology, it has also become increasingly difficult to say what a radio is, since it can be distributed through digital television, mobile phones, computers or satellite radio, according to Michael Mullane of the European Broadcasting Union for public broadcasters in Geneva. The BBC eliminated its North American shortwave transmissions in 2001, when there were still an average of more than two million listeners. But with FM rebroadcast agreements with local stations, the BBC now has five million listeners in Canada and the United States, according to Michael Gardner, a spokesman for the BBC. The BBC is constantly reviewing its expenses in connection with shortwave radio, he said, but in the meantime, the news service still reaches two-thirds of its weekly 163 million radio listeners through shortwave. This year, the BBC actually posted an increase of about five million shortwave listeners in rural areas of Africa and Asia, but Gardner says the increase amounted to existing listeners who were surveyed for the first time in Myanmar.
David Hollyer, former managing director in Spain for the U.S. government's Radio Free Europe and Radio Liberty, is wistful about the long-term consequences of mothballing and destroying shortwave transmitters. The transmitters in Spain, he argued, could have been deployed to broadcast to Central Asia to reach a Muslim population. Instead, with the changing political climate, U.S. authorities closed the station in 2003, ended its lease, and turned over the towers to Spain. When Hollyer watches the amateur YouTube video of the familiar towers crumbling in clouds of smoke, it reminds him of an Edwin Markham poem. "To paraphrase," he said, "the towers went down with a great shout upon the hills and left a lonesome place against the sky."


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24 settembre 2006

Notizie da una repubblica inesistente

Glenn Hauser cita sull'ultimo DXLD un bel report stilato, insieme ad altri molto interessanti, da Radio Free Europe/Radio Liberty sulla Transdniestria, repubblica rinnegata che vuole staccarsi dalla Moldavia e ritornare alla grande madre russa (e nel frattempo ne approfitta per contrabbandare armi, sostanze pericolos e denaro sporco, bisogna pure arrangiarsi). E' un pezzo molto divertente dedicato alla campagna mediatica online che la regione ufficialmente inesistente - ma sotto il ferreo controllo di un dittatore locale che si chiama come una marca di vodka - sta conducendo sul Web a colpi di pagine graficamente accattivanti e articoli brillanti in perfetto inglese. Se non ci fossero in ballo mezzo milione di persone, che verosimilmente non sono entusiaste né di restare moldavi, né di essere governati da Smirnov, né di rientrare in Russia (nella capitale Tiraspol campeggiano le falci e i martelli, non si capisce bene l'amico Putin che cosa ne penserà), ci sarebbe da ridere leggendo di un sito "turistico" che invita il navigatore a scoprire "una nazione europea sconosciuta". O di un giornalista soi disant irlandese che dirige, a modo suo, il settimanale "indipendente" Tiraspol Times. O del sito Transdniestria.com, con un sondaggio che chiede al mondo - 1.200 i voti raccolti ma appena il 51% a favore - se la Transdniestria debba essere riconosciuta. Riconosciuta? Ma se non riusciamo nemmeno a pronunciarla. Insomma, sembra di leggere una delle storie di Topolino anni quaranta, quelle in cui il topo di Wal Disney si ritrovava re di qualche improbabile regno transbelgastrico. E invece è tutto vero, o tutto fasullo, come preferite.
Come il referendum sull'autonomia votato il 17 settembre. Come la stazione Radio PMR, Pridnestrovskaia Moldavskaia Respublica, che utilizza una volta al giorno gli impianti ex-sovietici ex-moldavi di Tiraspol, in inglese dalle 17.00 alle 17.40. A quanto riferiscono le varie fonti DXistiche la frequenza è di 5.965 kHz e prima ancora 5.960 (sul sito sono indicati i 5.910 alle 16.00, poi abbandonati); ma il mese prossimo PMR dovrebbe passare sui 6.205 kHz. In questi anni di distacco da Chishinau, Tiraspol è stata ascoltata e confermata diverse volte. Radiofonicamente parlando, uno potrebbe organizzare una gara sull'ascolto delle trasmissioni da o verso stati rinnegati, non riconosciuti, irridentisti e rivendicazioni regionalistiche assortite. Ne sentiamo parlare raramente ma sono luoghi in cui spesso si combatte aspramente, si sopravvive a stento sotto l'incubo terrorista e magari lo si fa anche, del terrorismo. Nella nostra relativa bambagia i giornali ci parlano di Palestina, Kosovo, Kurdistan, ma la lista è paurosamente lunga. Eccezionale quella, anzi quelle preparate da Wikipedia (ma come diavolo fanno?). Abbiamo la Lista delle nazioni non riconosciute, come appunto la Transdniestria, poi la Lista dei movimenti autonomisti e secessionisti. Da leggere assolutamente è anche la voce dedicata all'UNPO, l'ONU delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati. L'UNPO ha anche un suo sito Web che mi pare di aver citato in passato ma che nel frattempo ha subito un restyling. Per i movimenti separatisti che riguardano l'Europa, si deve fare riferimento anche all'OSCE, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione, che gestisce missioni umanitarie, progetti di sviluppo e spesso e volentieri invia i suoi osservatori in zone in cui si spara o viceversa si cerca di rimediare con qualche elezione o referendum. Magari truccati. E' un mondo difficile.



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Progettare una rete di ponti radio, gratis

Ancora una volta una discussione su it.hobby.radioascolto offre lo spunto per parlare di qualcosa di nuovo. Nel thread che si è sviluppato intorno alle mappe di Google dopo che Andrea Borgnino ha presentato il suo breve manuale how to, Alex segnala un programma per pianificazione di sistemi radio, Radio Mobile, davvero interessante. Radio Mobile è un freeware sviluppato da un radioamatore canadese, Roger Coudé, una decina di anni fa. Lo scopo del software è simulare il rendimento di un collegamento radio (tra 20 MHz e 20 GHz) in funzione di diversi parametri, inclusa la morfologia e l'orografia del terreno. Viene utilizzato dai radioamatori per studiare la dislocazione di ponti radio e postazioni trasmittenti, ma il programma è freeware soprattutto perché pensato per funzionare nelle zone rurali e nel terzo mondo, per la progettazione di reti radio. Esistono strumenti di planning più sofisticati, ma non sono gratuiti. Una softwarehouse svedese It+46, ha sviluppato un piano di formazione basato su Radio Model per i suoi progetti in Africa, dove il freeware di Coudé serve per costruire piccole reti di telecomunicazioni comunitarie.
Il software si basa su un modello, l'Irregular Terrain Model, teorizzato da Anita Langley e Phil Rice nel 1968 e disponibile, in Fortran, sul sito dell'Institute for Telecommunications Sciences americano. Non è uno strumento di facile impiego, ma in rete si trovano dei tutorial. O anche un gruppo di supporto su Yahoo.

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23 settembre 2006

Ecosistema SDR

Sull'onda di un crescente interesse da parte dei radioamatori e dei DXer, aumenta anche l'offerta di sistemi e hardware per il Software Defined Radio. Dalla lista HPSDR leggo di un nuovo kit proposto dalla californiana Hendricks, produttore artigianele di soluzioni per il QRP, la ricetrasmissione (spesso in CW, in codice Morse) a potenze bassissime. Il kit della Hendricks, Firefly, è progettato da Dan Tayloe N7VE e consiste in una scheda ricevente SDR centrata su una frequenza dei 30 metri (intorno ai 10.112 kHz) e accompagnata da un trasmettitore VXO (oscillatore variabile a cristallo) convenzionale, di 2 watt di potenza. Secondo il progettista l'approccio adottato, quella del ricevitore non a larga banda ma tarato su una porzione molto ristretta di frequenze, è più adatto ad applicazioni così mirate.
Curiosi anche gli altri kit di questo piccolo costruttore, come il tuner per antenne filari racchiuso in una scatola di mentine (gli Altoids, naturalmente senza mentine). E' veramente un mondo curioso La scheda Firefly si potrà ordinare a partire da ottobre per una sessantina di dollari.

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Goodbye AM

Ho cominciato ad ascoltare con un certo impegno le onde medie quando Milano 1 (allora c'erano pure Milano 2 e 3) era ancora su 899 kHz. Era insomma la canalizzazione ereditata da un periodo decisamente "antico". Se non sbaglio l'ITU decretò la nuova canalizzazione, più moderna, nel 1979 e Milano 1 passò su 900 kHz. Una ventina di anni dopo, sulle onde medie cominciò a soffiare il vento della smobilitazione. L'epoca della guerra era davvero finita, la Germania riunificata, le stazioni FM ascoltate da tutti. Per i DXer delle onde medie si accese la speranza di una banda con tante belle frequenze libere, tante chance in più di sintonizzare le ambite prede d'oltre Atlantico e magari, chissà, l'estremo Oriente, che pareva tagliato fuori dopo che nel 1979 fu deciso anche di passare, da quelle parti, alla canalizzazione a passi di 9 kHz e le frequenze sfasate con i loro potenziali buchi, sparirono. La speranza durò poco, perché proprio mentre si svuotavano i canali partiva la sperimentazione del DRM. In fondo in fondo sappiamo tutti che tra cinque, dieci, quindici anni le onde medie ospiteranno solo stazioni digitali, in Europa come negli Usa. Forse per il mondo della radiodiffusione sarà meglio così e gli ascoltatori saranno serviti meglio, sono il primo a rendermi conto che l'evoluzione un'intera industria (e il piacere di chi ascolta un buon programma in ottima qualità audio) non sono un bene negoziabile sui tavoli di un centinaio di hobbysti attempati. Per allora sarò comunque troppo vecchio per stendere fili e lottare contro il sonno solo per qualche inutile segnale lontano.
I primi segni sono già piuttsto evidenti. Come scriveva il Media Guardian pochi giorni fa, l'Ofcom inglese sarebbe intenzionato entro il 2012 a togliere le frequenze in onde medie oggi assegnate ai due network commerciali TalkSport e Virgin, per riassegnarle ad altre stazioni operanti in DRM, ormai ritenuta (non del tutto a torto, devo ammetterlo) la tecnologia migliore per il cosiddetto "gap filling", la copertura dei buchi lasciati dal DAB o dalla stessa modulazione di frequenza.
Intervistato al proposito, il responsabile in seno all'authority britannica sottolinea però che per il momento sul DRM restano molte perplessità. Tra le quali il non trascurabile particolare della mancanza di ricevitori. Ma da qui al 2012...

Is it goodbye AM?

Julia Day
Thursday September 21, 2006
MediaGuardian.co.uk

Ofcom is considering taking away Virgin Radio and TalkSport's AM radio licences in six years' time to use the spectrum for new digital radio stations.

Peter Davies, the media regulator's director of radio and multimedia, said three new national stations and a whole range of local stations could be squeezed out of the spectrum used by the two national AM services. But his comments have provoked angry responses from both broadcasters. TalkSport said considering ditching AM broadcasts was "crazy" and "illogical" and Virgin said it would lobby for preferential treatment in the auction of the digital spectrum.
Both SMG's Virgin and UTV's TalkSport's licence are due for renewal in 2012 - after they were recently given a four-year extension. At that time, the licences will be auctioned by Ofcom. But Mr Davies said that instead of simply auctioning the existing AM licences, Ofcom is looking at ditching the AM licences and converting the spectrum to "Digital Radio Mondiale". DRM is an alternative digital radio standard to that already used by services such as BBC 6 Music, 1Xtra and Planet Rock in the UK, which is called Digital Audio Broadcasting, or DAB. "Both licences are due for renewal in 2012 - possibly earlier, if they handed back their licences. These AM national licences could be reused for DRM," Mr Davies told a digital radio conference organised by the broadcast and transmission company WRN. "You could get potentially two more national networks using a high-powered frequency and a range of local services [from TalkSport's licence]," he said. "With Virgin you could get a national frequency and a number of local services. "When those licences are up for re-advertisement in 2012 they have to be auctioned off. There is no mechanism to allow the incumbent to hang on to them ... whether we auction them on a technology-neutral basis or not is something we will look at nearer the time. "It is one of the possibilities that we are looking at, at the moment."

'Commercial suicide'

Scott Taunton, the managing director of UTV Radio, said the AM frequency was essential for his business and turning it off in 2012 would be "commercial suicide". "Surely Ofcom is not thinking about turning TalkSport off. We have increase listening hours by 30% since 2000 on AM. He said that until many more households and mass market cars have digital radios as standard, it is "pointless" to talk about turning AM off. Ofcom should set a analogue switch-off timetable first, said Mr Taunton, who thought 2020 was about the right time.
"I'll fight tooth and nail to have our licence extended even further, the public interest is best-served by an AM service being available until we have a date for switch-off. In 2012 more than half our audience will still be listening on AM, so to turn us off would be commercial suicide." Mr Taunton added that the AM frequency may be more valuable to his speech station than to Virgin's music station. Music sounds worse than speech on the crackly AM signal and a much larger percentage of Virgin's listeners than TalkSport's have already have migrated to digital. He floated the idea that TalkSport be allowed to keep its AM service past 2012, even if Virgin were happy to have its AM licence turned into DRM. A spokesman for Virgin Radio said: "We believe, that having persevered with the AM signal, we should be given preferential treatment on the allocation of any DRM spectrum."
The media regulator believes DRM could be used to "fill in the gaps" in digital radio coverage reaching parts DAB of the UK that DAB radio does not reach, or that are not commercially attractive. "DAB might not be enough by itself," said Mr Davies. "Some remote areas are not accessible by DAB, and for smaller stations DRM could complement [DAB]. "It might be that there isn't any commercial interest beyond the areas we advertise [for DAB licences] in the next year or so. It might be that DRM could fill in the gaps," he said. But he recognised the crucial element in the plan could be missing: that people may not have radio sets that can receive DRM by 2012. Only 15.3% of adults have a DAB set at home compared with over 70% of UK households which already have digital TV.
"But there is no point in auctioning DRM if there are no DRM sets available. It is a chicken-and-egg situation. By indicating now that there is a long-term plan to put services on those frequencies using DRM should encourage manufacturers [to produce DRM sets]. But we are only starting to talk about it now. It's early stages." And he added that Ofcom is not in a position to announce a date for the switch-off of the analogue radio signal, mirroring the move that has been made in the television industry. "We are not anywhere near analogue switch-off yet," he said. He added that Ofcom will put out a consultation early next year that will "start to ask the question about if [analogue switch off] is a good idea".


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22 settembre 2006

Mappe radioamatoriali (e baci in fronte)

«Mentre stavo realizzando per il mio sito una mappa dove sono visualizzate le cime Sota che ho attivato mi sono reso conto dell'incredibile semplicità nell'utilizzare Google Maps per visualizzare contenuti geo-referenziati e soprattutto quante sono le applicazioni possibili nel campo radioamatoriale e del radioascolto.
Usando Google Maps si possono infatti realizzare mappe "navigabili" di ripetitori, ponti radio, beacon, emittenti radio e qualsiasi cosa che vogliamo visualizzare in modo grafico usando sia la mappa sia la modalità "satellite" che ci permette di conoscere l'orografia dei luoghi.
Per questo ho realizzato una piccola, e spero semplice, guida per l'uso "radioamatoriale" di Google Maps. La guida si può consultare qui:

http://www.mediasuk.org/iw0hk/google_map.htm

Saluti e 73 Andrea IW0HK»

Aggiungo qualcosa di mio a questa meraviglia (di mio si fa per dire, è tutta farina di sacchi altrui). Con l'aiuto di un paio di tool software è possibile realizzare, con Google Earth mappe come questa generata da Aldo Moroni sulla sua lista di radiofari ascoltati. Il punto di partenza è il software per logbook NDB Weblog, con il quale è possibile registrare i dettagli sui fari ascoltati. I dati esportati dal Weblog grazie a una procedura (script) condensata in questo bat.file di Kari Syrjanen di NDBlist vengono trattati con un convertitore freeware, Geoconv, che produce un file in formato (waypoint) compatibile con software di mappatura GPS come OZIExplorer. A sua volta OZI esporta nel formato .klm compatibile con Google Earth. Non so se le istruzioni che ho fornito sono corrette, forse si può fare a meno di OZIExplorer e utilizzare solo GeoConv, magari chiederò ad Aldo stesso come ha fatto a generare la sua mappa. In ogni caso grazie a tutti.

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Dai satelliti, nuove teorie sull'aurora boreale

Anche per un sine doctrina e uno scienziato mancato come me uno degli aspetti più affascinanti della passione dell'ascolto di segnali radio distanti e la natura così sperimentale (in senso scientifico, prove, verifiche, pubblicazione dei risultati, ripetibilità) di una attività sempre intrecciata con diverse discipline. E il bello è che si può ascoltare anche senza accumulare nozioni in campo elettronico, elettromagnetico, geomagnetico, astrofisico: se certe cose le sai e le capisci anche, meglio per te; altrimenti ti diverti lo stesso.
In questo senso lo studio della propagazione dei segnali attraverso la ionosfera e le interazioni di quest'ultima con la complicata fisica del sole è una inesauribile sorgente di nuove scoperte e letture, considerando anche che dell'argomento si deve tuttora scoprire tantissimo. Prendete per esempio un fenomeno anche spettacolare come le aurore boreali. Ho avuto la fortuna di vederne una sola nella vita, in Finlandia, purtroppo breve e neanche troppo intensa. Come descriverla? Immaginate di alzare lo sguardo verso il cielo di notte e di vedere un diffuso bagliore verdastro, una sorta di velo trasparente e fosforescente che qualcuno sta cercando di avvolgere intorno all'orizzonte (in Alaska c'è una webcam che produce immagini in tempo reale). L'aurora boreale, che sotto certe latitudini è rarissimo vedere ma che sono all'ordine del giorno nei pressi del circolo polare e oltre, è un sintomo dell'interazione tra diverse forze esterne, le particelle della ionosfera e il campo magnetico terrestre. Per quanto suggestivo possa essere, è un sintomo negativo per noi DXer perché equivale a dire che i segnali radio vengono assorbiti nei loro percorsi più settentrionali e che non ci sarà verso di ascoltare stazioni, soprattutto alle frequenze più basse, nelle onde medie, e soprattutto dal Nord America.
Tecnicamente l'aurora viene prodotta da elettroni energetici che, come dei surfisti, si avvitano velocissimi lungo le linee del campo magnetico terrestre che convergono verso i poli, come l'avvolgimeno intorno a un toroide. Quando collidono con gli atomi della ionosfera, gli elettroni fanno letteralmente scintille e decadono nei fotoni delle aurore boreali. Ma da dove vengono questi elettroni? Dalla magnetotail, il lungo strascico di linee di campo magnetico della magnetosfera prodotto dal forte vento solare. Un bellissimo articolo pubblicato sul sito dell'Esa racconta con dovizia di fotografie, grafici e riferimenti, di come basandosi sui dati raccolti dalla missione satellitare Cluster, alcuni scienziati cinesi hanno sfatato alcune recenti teorie sui meccanismi che porterebbero gli elettroni ad accelerare in questo modo, riconducendo questo vorticoso movimento a un fenomeno chiamato bursty bulk flow (BBF). Che si riscontra a sua volta all'interno del plasma sheet, la regione centrale, densa e turbolenta della magnetotail. A che serve capire tutti questi meccanismi, vi chiederete voi, soprattutto per chi ascolta la radio solo per hobby? Beh, rientra tutto in un discorso di tecniche predittive che sulla base dei dati geofisici e solari raccolti da più fonti potrebbe un giorno consentire di anticipare l'andamento delle nostre sessioni DX.
In ogni caso, è una lettura interessante, alla quale si aggiunge un altro studio anticipato l'altro giorno dalla NASA e basato sulle osservazioni che Voyager 1, la sonda lanciata nel 1977, continua a inviare a terra. Le recenti osservazioni si riferiscono a una regione diametralmente opposta al plasmasheet, cioè a quello che succede nella heliosheath, la regione prossima al confine della bolla in cui il vento solare avvolge il sistema planetario, là dove i bordi della bolla (l'eliopausa) finiscono per diluirsi nello spazio profondo (l'articolo della NASA fa il paragone con la sottile ciambella d'acqua che si produce sul piano del lavabo quando apriamo il rubinetto). Qui la propagazione non c'entra ma parliamo di cose comunque vitali. L'heliosheath è un anello più denso dell'eliopausa e serve a proteggere l'intero sistema solare da radiazioni dannose come i raggi cosmici. Voyager 1 avrebbe scoperto che dentro all'heliosheath si producono temporanei "vuoti di campo magnetico" che interagiscono con i raggi cosmici e viene anche generata una forma di radiazione cosmica "interna" a energia più bassa. Con le osservazioni gli scienziati confidano di riuscire a modellare meglio questa regione lontanissima (15 miliardi di kilometri) da noi ma così fondamentale.

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Impercettibilmente superiore

La breve che segue, estratta dal magazine online FMQB, focalizzato sull'industria radiofonica americana, è davvero mitica. Ve la traduco perché c'è da farsi quattro risate (per non piangere):

Ancora confusione nel pubblico in merito a Hd Radio

Una nuova indagine condotta da Mark Kassof & C. rivela che il 5% degli adulti nella fascia da 18 a 64 anni è convinto di ricevere i segnali del sistema Hd Radio [per gli amici IBOC] da almeno una delle stazioni FM ascoltate, senza però aver mai effettivamente acquistato un ricevitore Hd Radio. Tra coloro che dichiarano di ricevere la radio digitale ma non hanno mai acquistato un ricevitore compatibile, il 46% afferma che la qualità del segnale "è all'incirca uguale" a quella di una normale stazione FM, mentre il 12% sostiene che "è molto superiore" rispetto all'FM analogica.
La spiegazione, secondo Mark Kassof è che "le stesse stazioni contribuiscono a confondere le idee della gente quando annunciano di 'trasmettere in HD' senza mai spiegare che cosa questa tecnologia può offrire e che cosa serve per riceverla correttamente. Di conseguenza, alcuni si convincono di ricevere una trasmissione digitale."
Allo stesso tempo, l'uno percento dei partecipanti all'indagine di mercato dice di aver già acquistato una radio HD e in due casi su tre la qualità viene definita "di gran lunga superiore" all'FM. I risultati si basano su 752 interviste telefoniche effettuate tra il 13 e il 17 settembre negli Usa.


Diffusa sulla lista di discussione ABDX, la notiziola ha suscitato ilarità e frustrazione. Una percentuale piccola ma consistente di persone è perfettamente convinta che visto che la loro stazione radio preferita trasmette in HD, il suono è molto migliorato. Anche sulla solita radio della cucina. Fantastico. Uno degli iscritti alla lista commenta: benissimo, facciamo in modo che TUTTE le stazioni annuncino di trasmettere in digitale, decretiamo il completo successo della tecnologia e chiudiamo il caso. E' un'idea, Ibiquity ci sta pensando. Altri fanno notare che se davvero l'un percento del campione dichiara di aver acquistato una radio digitale IBOC, in questo momento negli USA sarebbero in funzione circa due milioni di apparecchi. La discrepanza, spiegano altri, si spiega con tutta probabilità con una più elastica interpretazione del termine "Hd Radio". Visto che pochissimi, del grande pubblico, sanno di che si tratta, è possibile che chi si è dichiarato acquirente di una radio digitale si riferisca in realtà a uno dei due sistemi di radio digitale satellitare.
Comunque sia, non ci siamo. Proprio non ci siamo.

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21 settembre 2006

Radio 1, resto dei media 0?

Ho trovato stimolante questa affermazione di Marco Montemagno sul suo blog di SkyTg24:

Il copione dell'informazione online UG (user generated) ormai è sempre lo stesso, non trovate?
Succede qualcosa in qualunque parte del mondo e subito su YouTube vai a vedere se ci sono video, su Flickr le foto e sui blog la copertura in diretta dei blogger locali. E in genere trovi tutto quanto.


Non ci sono dubbi. La gestione del fenomeno dello user generated content è quella che terrà occupati i giornalisti nei prossimi anni. Ci vorrà un po' di tempo perché l'inerzia dei media tradizionali cartaceo/radiotelevisivi è notevole a fronte di una popolazione piuttosto vecchia e non tutta culturalmente affine ai media online. Ma con le informazioni che arrivano spontanee da quelli che sono i luoghi dei fatti, senza che un giornalista debba materialmente spostarsi per andarle a verificare e senza che queste informazioni debbano per forza transitare dai canali ufficiali (portavoce, amministrazioni, agenzie...), dovremo prima o poi scendere ai patti.
Montemagno fornisce alcuni link alle fonti prossime al golpe militare in atto in Thailandia, tipo quelle su Global Voices ottimo esempio di quel citizen's journalism teorizzato dell'amico Lasica e a me viene in mente quello che mi è successo ieri sera, verso le 22.30 (italiane), mentre stavo guardando, proprio su Sky, Viva Zapatero della Guzzanti. Alle 22.30 mi sono ricordato che a quell'ora andavano in onda i notiziari di Radio Thailand in inglese e Radio Budapest in italiano. Così senza spegnere il televisore ho acceso una delle mie radio a onde corte, la cinese Degen 1103. Beh, l'ipotesi per cui le onde corte internazionali sarebbero un medium in piena crisi, ieri sera non sembrava molto attendibile. Ecco entrambi i segnali, pulitissimi, perfettamente comprensibili nelle parole degli speaker.Per l'Ungheria non è un fatto straordinario, è dietro l'angolo. La Thailandia è un po' più lontano ma che vi devo dire, la crisi dei broadcaster internazionali e lo spegnimento di parecchi impianti deve aver fatto bene alle onde corte: niente interferenze, poca evanescenza del segnale, rumori elettrici ininfluenti. Un audio all'altezza di uno stream digitale e un contenuto giornalisticamente molto valido. Certo, un notiziario supercontrollato, con le solite affermazioni roboanti e tranquillizzanti del comitato di salute nazionale di turno. Ma l'analisi dei golpe è anche questa, la lettura di un giornale autorevole o il sito Internet della BBC magari non comunicano lo stesso feeling di uno speaker in diretta da otto o novemila chilometri da casa tua.
Ma non è tanto questo, il fascino delle onde corte rimane intatto nonostante tutti i guai vocazionali che la radiofonia internazionale sta incontrando (e ieri sera non sembrava proprio che ci fosse bisogno del DRM per risolverli). No, piuttosto mi sono soffermato, dentro di me, su un altro aspetto. Eccomi qui, seduto davanti a un televisore, collegato a un decoder satellitare, collegato alla presa di corrente e a una parabola con due LNB, puntata su un satellite che mi costa 35 euro al mese o giù di lì. Costi tutto sommato accettabili, soprattutto per guardare la storia di una donna di teatro (satirico) vergognosamente, ripeto, vergognosamente censurata da un apparato governativo che ha fatto proprio tutto il possibile - e forse non ha smesso - per assomigliare a un regime alquanto schifosetto. Tipo quello thailandese, tanto per intendersi. In una mano ho il telecomando della mia megapostazione televisivo-digitale, che mi garantisce l'accesso a un bel po' di fonti informative. Nell'altra mano ho un ricevitore cinese poco più grande di un telefonino, che mi è costato cinquanta euro spedizione compresa, che funziona con quattro pile doppia A ricaricabili. Per guardare Viva Zapatero ho dovuto premere tre tasti sul telecomando (senza contare l'installazione della parabola e la configurazione del decoder). Per ascoltare il notiziario di Radio Thailand ne ho premuti quattro: 9, 6, 8, 0, corrispondenti alla frequenza di 9680 kHz. Avrei potuto altrettanto facilmente passare alla BBC o alla VOA, o a Voice of Russia e dal punto di vista giornalistico, documentari e filmati a parte, avrei potuto accedere a un menu altrettanto, forse anche più attendibile e completo di quello televisivo. Con una radicale, a vantaggio della radiolina cinese, differenza in termini di costi di avviamento e di conduzione. E questo senza neppure sfiorare le presunte meraviglie della radio digitale, ma senza nemmeno dimenticare le grandi opportunità sinergiche che comunque radio e Internet consentono di sfruttare (a parte che il computer e l'abbonamento Adsl costano anch'essi molto di più della radiolina).
Magari è una visione un po' di parte. Magari la facilità con cui riesco a gestire l'accesso e la fruizioni ai contenuti della radio è solo una mia prerogativa (ma perché per esempio non pensare a un canale radiofonico all news su FM che via Radiotext mi trasmetta in tempo reale orari e frequenze dei notiziari sulle onde corte? E' uno scenario così folle, così di nicchia?). Fatto sta che l'esperienza mi ha fatto pensare.

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20 settembre 2006

Diamo la linea al putsch


Un ascoltatore delle onde corte poteva ritenersi fortunato (un genere di fortuna un po' macabro, bisogna ammetterlo) quando curiosando sulle frequenze locali, spesso in banda tropicale, delle stazioni africane riusciva a incappare nell'annuncio di un golpe militare. In passato poteva accadere con relativa facilità. Nell'immediato periodo post-colonialistico le giovani nazioni indipendenti erano quanto mai fragili. Oggi i putsch militari sono più rari, le democrazie parlamentari, faticosamente consolidate, sono decisamente più stabili e le dittature meno numerose. Ma l'altra sera le forze armate thailandesi guidate dal generale Sonthi Boonyaratglin hanno preso il potere a Bangkok, approfittando anche dell'assenza per un viaggio ufficiale del colorito ormai ex-primo ministro Thaksin Shinawatra, il poliziotto (con la p, come palazzinaro) che era riuscito a creare un impero mediatico e a essere eletto primo ministro (dove diavolo l'avrò già sentita?). Da quello che leggo sul sito della BBC la popolazione è molto contenta che qualcuno si sia preso la briga di cacciare un personaggio rapidamente passato dalle stelle alle stalle della popolarità. Esilaranti le foto dei turisti stranieri che si fanno fotografare nelle strade percorse dai carri armati, felici di aver preso parte a un evento storico. Ah, averci pensato prima: stati come la Costa d'Avorio o il Benin avrebbero potuto diventare ricchi con il "turismo golpista" (indimenticabili paesaggi, emozionanti raffiche di mitra...).
Visto che un biglietto per la Thailandia costa, perché non provare a vivere questa sciacallesca emozione sulle più tranquille onde della radio? L'approccio è anche più istruttivo e intellettuale. Radio Thailand, forse lo ricorderete, arriva molto bene in Europa. Il database di EiBi ci dice che le frequenze attive al momento sono 7155 kHz dalle 19 alle 20 in inglese, più tre slot di un quarto d'ora ciascuno su 9680 kHz in tedesco francese e inglese a partire dalle 20.15. Mesi fa la frequenza di 9680 consentiva un'ottima ricezione, oggi Salvatore Zaccone, di Rapportoradio.org, conferma che il segnale è ancora buono.
Già che ci siamo forse vale la pena soffermarsi sui programmi in italiano di Radio Budapest, che trasmette alle 16.30 UTC su 3975 e 6025 kHz e sulle stesse frequenze in replica alle 20.30. Dopo lo scandalo legato alla fuga di dichiarazioni a briglia sciolte da parte del governo progressista, le piazze di destra sono in subbuglio e non si sa come finirà. Non è un golpe, ma una situazione democratica traballante che la radio aiuta a seguire in diretta e per una volta nella nostra lingua.

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